Tante pedine che si muovono, uno scacchiere destinato a molte evoluzioni nei mesi che verranno. È il Risiko delle banche di credito cooperativo in Toscana, alla prese con trasformazioni, fusioni, aggregazioni ed una geografia economico-finanziaria che sembra destinata a un cambiamento che in molti non temono di definire «epocale». L’Europa, con gli input della Bce. e il Governo, con l’annunciata riforma del credito cooperativo, hanno tracciato la rotta: vanno colmati gap dimensionali, implementata la qualità dei servizi e, in sostanza, muovere verso la creazione di macro-poli che, nella mente comune di azionisti, soci e correntisti, sono ben distanti da quella concezione territoriale, quasi familiare, che contraddistingueva le Bcc fino a pochissimi anni fa. Una rivoluzione che riguarda 26 istituti toscani (il conto totale dei dipendenti supera i 2000, oltre 300 gli sportelli attivi) e un giro di affari stimato in circa 15 miliardi euro (dati Federazione Toscana Bcc diffusi da La Nazione).
Il Risiko delle Bcc toscane Allora via alle fusioni, operazioni già portate avanti da molte Bcc toscane. La più attiva è sicuramente ChiantiBanca che ha già deliberato il matrimonio con il Credito cooperativo di Pistoia. Insieme, le due banche hanno inglobato il Credito cooperativo dell’Area Pratese risultando così il primo grande polo Bcc della Toscana, il terzo per dimensioni in Italia. Un affare, questo, che verrà ratificato dalle assemblee dei soci convocate per la primavera 2016 e che, di fatto, ha fatto saltare l’alleanza tentata fra Prato e Mugello (con quest’ultimo che ha virato verso Mugello, Signa e Impruneta) in uno scenario, quello toscano, che già ha registrato nuove trasformazioni. Il Credito Apuano ha acquisito la Bcc Versilia, Lunigiana e Garfagnana; in provincia di Grosseto si va verso le nozze della Bcc Maremma con quelle di Pitigliano e di Saturnia-Costa d’Argento; nel senese Banca Cras e Bancasciano lavorano per un’integrazione.
Cambio di passo delle Bcc In un’intervista rilasciata a Il Tirreno, l’ex presidente di Federcasse (nonché della Banca di Credito cooperativo della Versilia Lunigiana e Garfagnana), Umberto Guidugli, ha spiegato cosa serve alle Bcc per affrontare queste trasformazioni, nonostante le crisi di liquidità e i fattori di rischio che ogni istituto deve tenere in considerazione prima di un’eventuale fusione. «Il cambiamento – ha detto Guidugli – deve essere soprattutto culturale. Serve una visione strategica del credito. La tecnologia serve e deve servire a liberare forza lavoro. A una condizione – conclude -: che il personale diventi consulente delle famiglie e delle imprese. Altrimenti non c’è futuro per le banche». In quest’ottica di decentramento e di aggregazione la vera sfida delle Bcc toscane sembra a tutti gli effetti questa.