Sono racchiuse in 60 pagine le motivazioni della Procura di Grosseto per la richiesta di rinvio a giudizio per il comandante della Costa Concordia Francesco Schettino e gli altri ufficiali che la notte del 13 gennaio 2012 naufragarono davanti alle acque di Isola del Giglio. E sono pagine ricche di dettagli che se da una parte illustrano un quadro molto dettagliato di quanto accaduto, dall’altra trasudano di dolore.

Morti strazianti Se quanto descritto nel documento (scarica) ricostruisce tecnicamente quegli attimi e le attività che hanno portato il gigante di acciaio a spiaggiarsi davanti a Punta Gabbianara, ci sono pagine che lasciano senza parole, in cui si descrive con dovizia di particolare, una per una la morte delle 32 persone – due ancora risultano disperse – che hanno perso la vita nel naufragio.  Molte di loro furono risucchiate in mare nel momento in cui la nave si inclinò, altre erano addirittura già a bordo delle scialuppe ma sono cadute in mare, altre ancora hanno lasciato il posto a donne, bambini e anziani e non sono riuscite a mettersi in salvo.

Gli ultimi momenti di vita Straziante la ricostruzione a tratti come quando si ricorda la morte della piccola Dayana Arlotti che «insieme al padre Williams Arlotti, non avendo trovato posto sulle scialuppe al ponte 4, lato sinistro, è stata indirizzata da membri dell’equipaggio sul lato destro del medesimo ponte e, mentre stava attraversando il corridoio all’interno della nave nei pressi dell’atrio ascensori di poppa e del Ristorante Milano, è caduta nella voragine verificatasi a seguito del definitivo ribaltamento sul fianco destro della nave stessa, precipitando in una zona allagata del medesimo ponte 4 ed è così deceduta per asfissia da annegamento». Giuseppe Girolamo, musicista sulla Concordia, lasciò il suo posto «su una scialuppa di salvataggio per favorire l’imbarco di altri passeggeri ed è poi deceduto per asfissia da annegamento nelle acque antistanti la località Gabbianara».

I due dispersi Mentre i due dispersi Maria Grazia Trecarichi e Russel Terence Rebello sono morti entrambi per asfissia da annegamento. La Trecarichi  «non avendo trovato posto sulle imbarcazioni di salvataggio, mentre attendeva di essere portata in salvo, sul ponte 4, lato dritto, pur indossando il giubbotto di salvataggio, è scivolata in mare a causa della progressiva inclinazione della nave» e Rebello, membro dell’equipaggio con mansioni di cameriere di sala, «rimasto sulla nave per provvedere alle operazioni di ammaino delle ultime zattere di salvataggio, sul ponte 4, lato destro, a poppa, è caduto o si è gettato in mare a causa del definitivo ribaltamento della nave».

Le accuse a Schettino Un quadro inquisitorio dai contorni tracciati in modo puntuale per Francesco Schettino. Secondo l’accusa in particolare omise «di assicurarsi che la rotta prevista fosse stata pianificata usando adeguate e appropriate carte nautiche e altre pubblicazioni nautiche necessarie per il viaggio prevista». E ancora di «prendere in adeguata considerazione i pericoli conseguenti ad una navigazione non compiutamente pianificata e comunque poi effettuata in concreto senza avere in
dotazione e comunque senza la materiale disponibilità di adeguata cartografia tradizionale di maggiore dettaglio». E ancora di consentire «la non opportuna presenza di estranei sul ponte di comando (in particolare, i membri dell’equipaggio Antonello Tievoli, Manrico Giampedroni e Ciro Onorato e la passeggera Domnica Cemortan), con il conseguente aumento di confusione e di fonti di distrazione per lui stesso». Un antipasto di quello che dal 15 aprile si aprirà a Grosseto e sarà il processo dell’anno.