Fin dalla campagna elettorale, ho trovato il dibattito sull'abolizione dell'IMU surreale e l'ho interpretato come un chiaro sintomo di un paese incapace di ragionare in maniera concreta. Alcuni politici discutono della cosa come se i soldi necessari crescessero sugli alberi, forse nostalgici dei tempi in cui lo stato italiano batteva moneta e l'inflazione era a due cifre. Ancora più preoccupante è l'idea di emettere nuovi titoli di stato, cioé di aumentare i nostri debiti. La cosa avrebbe senso solo per operazioni che stimolano la crescita, e che permettano quindi di ottenere un ritorno superiore agli interessi che si pagano sul debito. L'abolizione dell'IMU non rientra in questa categoria, in quanto i soldi distribuiti in questo modo al massimo servirebbero a far aumentare un po' i consumi. Altri, infine, vaneggiano di coperture basate sulla tassazione degli alcolici o su fantomatici accordi con la Svizzera.
 
Intendiamoci, l'IMU è una tassa fastidiosa e toccarne alcuni aspetti (legarla un po' di più al reddito, e evitare di farla pagare quando la casa è crollata) potrebbe avere senso, ma dovremmo ricordarci che nella politica economica i soldi restituiti vengono presi da qualche altra parte, e un minimo di criterio richiederebbe di controllare con attenzione da dove verranno presi i soldi. A chi fa politica economica, poi, dovrebbe essere chiaro che la rimodulazione delle tasse deve servire, specialmente in questo momento storico, a sostenere l'occupazione e lo sviluppo. Gli strati deboli della popolazione si aiutano mettendoli nelle possibilità di trovare un lavoro dignitoso, e non facendo loro l'elemosina. E l'abolizione dell'IMU sarebbe una vera e propria elemosina per le famiglie italiane, visto che sulla prima casa le cifre annue sono basse o bassissime, quasi sempre sotto i 500 euro (e se è di più, vuol dire che si è agiati o si possiedono più case). Cifre comparabili all'aumento dell'IVA, ma con effetti molto meno efficaci.
 
Esistono molte altre priorità, oltre all'IVA che sta per aumentare: la restituzione dei debiti dello stato alle imprese; gli investimenti produttivi; la cassa integrazione; gli esodati. Queste voci di spesa sono correlate col mondo del lavoro. La leva fiscale dovrebbe essere usata non solo per redistribuire (e tra l'altro, abolire l'IMU redistribuirebbe al contrario in quanto ne beneficerebbero maggiormente i ceti più abbienti) ma anche per incentivare allo sviluppo e al lavoro. Bisognerebbe anche chiedersi perché la tassa sulla casa è presente in tutti i paesi avanzati, mentre da noi si dibatte della sua opportunità. Qualcuno potrebbe infine notare che l'IMU diminuisce un po' il divario tra le nuove generazioni, che non la pagano, e le vecchie generazioni?

Sarebbe facile dare la colpa al ceto politico italiano, che si è avvitato su questa assurda ossessione per motivi di oggettiva debolezza. Ma è anche colpa di noi cittadini. Quando i politici ci hanno proposto la restituzione dell'IMU e la sua abolizione, avremmo dovuto rispondere: no, grazie. Invece, più di qualcuno si è fregato, un po' ottusamente, le mani.

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Docente di matematica finanziaria all'Università di Siena