«Non siamo nelle condizioni di assicurare l'apertura dell'anno scolastico». E' l'allarme lanciato oggi dal presidente dell'Unione delle province d'Italia Giuseppe Castiglione in merito alla riforma delle Province approvata dal consiglio dei Ministri (leggi). E aggiunge: «La metà delle Province andrà in dissesto».

Scelta ai territori A nome di tutte le Province italiane, Castiglione in conferenza stampa ha ricordato che, in merito all'accorpamento di alcune Province previste dal decreto legge sulla spending review  «devono essere i territori a poter decidere». Quanto al termine previsto di 40 giorni per procedere all'accorpamento, l'Upi chiede al governo «un termine più congruo. Siamo d'accordo – ha sottolineato Castiglione – sul risparmio delle spese e sulla maggiore efficienza, ma il dimagrimento non può incidere su quelle che sono le funzioni principali degli enti, a partire dal tema dell'edilizia scolastica e dell'occupazione»

Toscana colabrodo «Uno sfregio alla storia della Toscana che trasformerà la regione in un colabrodo». Ad affermarlo è Riccardo Nencini, assessore regionale ai rapporti con gli enti locali che ribadisce «l’assoluta necessità di una riforma delle province, non solo per abbattere i costi della burocrazia ma soprattutto per disegnare un assetto istituzionale autorevole e tale da fronteggiare la globalizzazione», elenca i rischi e le “pericolose storture” che potrebbero scaturire se la norma approvata dal Consiglio dei Ministri dovesse restare immutata nei termini stabiliti dal Governo. Il primo rischio, secondo l’assessore, riguarda l’obbligo di costruire “mega-province” dall’accorpamento di parti del territorio poco compatibili fra di loro. «Penso al rischio – spiega – di vedere Prato e Pistoia, che hanno gravitato e gravitano sulla Toscana centrale  obbligatoriamente accorpate al nord della regione». L’altro aspetto ritenuto rischioso riguarda l’obbligo di far coincidere l’area metropolitana fiorentina con l’attuale provincia: «Difficile considerare “città” – prosegue l’assessore – almeno due terzi dei comuni dell’attuale provincia di Firenze, dalla Valdelsa empolese all’alto Mugello, fino al Chianti estremo». La Toscana così, annuncia Nencini, non starà a guardare e chiederà formalmente al Governo modifiche al decreto che ha appena iniziato il proprio iter istituzionale, prima dell’approvazione da parte del Parlamento. «Non per avere un numero più alto di province – chiarisce e conclude – ma per costruire una riforma istituzionale della Toscana che non sia uno sfregio alla sua storia e alla sua identità e soprattutto che non rappresenti un ostacolo per il suo futuro sviluppo socio-economico».

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