Come si fa a rendere obbligatorie le fusioni per i piccoli Comuni? O fai approvare una legge in Parlamento con su scritto “un Comune non può avere una popolazione inferiore a 5.000 abitanti”, come stanno provando a fare venti deputati del Pd (vedi disegno di legge n. 3420 depositato alla Camera), ammesso e non concesso che la cosa non presenti profili di incostituzionalità. Oppure fai come la Regione Toscana, e le rendi obbligatorie di fatto, costruendo una sorta di “accerchiamento per legge” ai piccoli Comuni.

Vediamo come. Gli ostacoli politici e istituzionali che si trovava di fronte il Legislatore toscano che aveva l’obiettivo di fondere i piccoli Comuni anche contro la loro volontà, erano infatti due: il primo la volontà dei Consigli Comunali, il secondo la volontà dei cittadini.

Parlo di ostacoli politici e istituzionali e non giuridici perché una fusione tra Comuni è niente di più, ahinoi, che una legge regionale, e dunque la Regione avrebbe la piena libertà giuridica di avviare l’iter approvativo della legge senza nessuna richiesta da parte dei Comuni o dei cittadini; e la Costituzione parla solo di “sentire” le popolazioni interessate, e ciò legittima tecnicamente la Regione ad approvare la fusione anche in presenza di referendum con esito negativo. Ma nella sostanza politica e istituzionale non avveniva così. Ed era democraticamente persino ovvio che non avvenisse così. Nessuno si era mai sognato di provare a compiere una forzatura democratica di questo genere.

Senza una richiesta dei Consigli Comunali, o in presenza di una vittoria del no al referendum in uno dei Comuni, la Regione si fermava. La Regione, si pensi un po’ che bestemmia, rispettava la volontà popolare democraticamente espressa in difesa di un livello istituzionale, quello comunale, che gode di garanzia costituzionale.

Oggi, invece, in Toscana, e non solo, si è deciso che i piccoli Comuni vanno cancellati dalla cartina geografica anche contro la loro volontà. La volontà dei cittadini sul tema non deve contare più nulla. Con il paradosso che ciò avviene in una regione con una media di abitanti per comune tra le più alte d’Italia (ben 13.450) e pari a circa due volte e mezzo quella europea.
Ma come si fa a farlo nella sostanza? In quale modo si può cancellare un Comune contro la volontà dei propri cittadini?

regione toscanaLo si fa, intanto, modificando lo Statuto Regionale della Regione Toscana, come avvenuto con legge regionale statutaria n. 57 del 15 luglio 2015, che ha introdotto, con il comma 1 bis dell’articolo 74, un quorum speciale per la presentazione di proposte di legge regionale di iniziativa popolare nel caso esse riguardino fusioni di comuni. Adesso lo Statuto prevede che con un numero di firme pari al 10% degli elettori iscritti nelle liste elettorali di ciascun Comune (si badi bene che si parla di iscritti nelle liste elettorali, non di residenti) pari almeno al 15% complessivo degli elettori iscritti nelle liste elettorali di tutti i Comuni interessati, si può avviare l’iter legislativo per la fusione, e dunque ottenere l’indizione di un referendum.

Si consideri che in una regione come l’Emilia-Romagna, che sulle fusioni dei Comuni è ancora più agguerrita della Toscana, il quorum di firme necessario per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare di fusione, e dunque svolgere i referendum, è pari al 51% degli elettori di ogni singolo Comune!

Questo tanto per avere un riferimento circa l’enorme portata di questa norma approvata dal Consiglio Regionale toscano, passata circa un anno fa nel silenzio generale. Primo colpo assestato: i Consigli Comunali non sono più un problema. Sostanzialmente non sarà più necessario attendere il loro pronunciamento per legittimare politicamente il Consiglio Regionale ad indire i referendum. Se c’è bene, se non c’è pazienza perché con poche firme si fa lo stesso. Il Consiglio Regionale potrà agevolmente nascondersi dietro l’ineccepibile considerazione tecnica che, di fronte alla presentazione delle firme, non potrà fare altro che indire il referendum, nonostante il loro numero sia così insignificante per un fine tanto rilevante come la cancellazione di un Comune.

regione-toscana-gonfalonePer avere un ordine di grandezza medio, in un Comune X di 3.000 abitanti si può fare una stima che bastino mediamente 250 firme (dico 250!) per smentire anche l’eventuale contrarietà del Sindaco e del Consiglio Comunale alla fusione, i quali si possono ritrovare costretti, da una piccolissima minoranza dei loro cittadini, ad affrontare il referendum. Per fare di nuovo un paragone: se quel Comune X fosse stato in Emilia-Romagna ne sarebbero servite 1.251 , ovvero la maggioranza degli elettori di quel comune (dico la maggioranza!).

Ma l’assoluta esiguità del numero di firme è data soprattutto dal secondo colpo che la Regione Toscana assesta. Perché se queste firme servissero solo ad avviare l’iter della fusione, il problema avrebbe già una dimensione parzialmente diversa (altro ragionamento questo dietro il quale si nascondono i riformatori regionali). In realtà quelle firme hanno buona probabilità di diventare nei fatti, nella sostanza delle cose, sufficienti a cancellare il Comune.

Il secondo colpo, infatti, è ancora più facile e letale del primo, non c’è bisogno di nessuna modifica statutaria: una volta tenuti i referendum la Regione Toscana, come ha fatto nel caso della fusione Cutigliano-Abetone, creando un precedente devastante, non tiene conto dell’eventuale vittoria del “no” nel singolo Comune X, ma conta i voti complessivi espressi in tutti i Comuni interessati alla fusione, e se hanno vinto i Si (col 50% più uno? Con i due terzi?), procede alla cancellazione del Comune X. Nonostante esso si sia espresso negativamente

Bene, il gioco è fatto. Ogni Comune può essere cancellato dalla cartina geografica contro la volontà del suo Consiglio Comunale, contro la volontà della stragrande maggioranza dei suoi cittadini espressa in un referendum e grazie alla sola iniziativa di pochissimi suoi elettori.
Incredibile vero?

Cosa è rimasto di volontario in un percorso di fusioni di questo genere? Se ci pensate bene non solo un Comune può essere cancellato contro la sua volontà, ma paradossalmente potrebbe non essere messo nemmeno nelle condizioni di scegliere con chi fondersi. Non solo non più in grado di scegliere “se” fondersi, ma nemmeno “con chi”.

Perché se il pronunciamento dei Consigli Comunali non è più politicamente necessario, può accadere che nel Comune Y di dimensioni maggiori del Comune X, magari considerevolmente maggiori, qualcuno raccolga tra i propri concittadini le firme necessarie a chiedere la fusione con X, e poi riesca a reperire, lo può fare con estrema facilità vista l’esiguità del numero richiesto, le firme necessarie tra gli elettori del Comune X.

consiglio_regionaleA questo punto il Comune X non può fare più nulla. Il Consiglio Comunale è tagliato fuori, e i cittadini possono anche non partecipare al referendum, perché vista la sproporzione del loro numero di elettori rispetto a quelli del Comune più grande, ne usciranno sempre e comunque perdenti se si contano i voti complessivi e non quelli comune per comune, anche potenzialmente nel caso in cui ottenessero nel loro comune il 100% per cento di no con il 100% di affluenza alle urne.

Non solo fusioni obbligatorie di fatto, dunque, ma vere e proprie annessioni consentite nei fatti da parte dei Comuni più grandi verso quelli più piccoli. Insomma, la Regione Toscana prima mette una pistola in mano ad una piccolissima minoranza di cittadini e ai Comuni più grandi, e poi costringe tutti a sostenere dei finti duelli referendari in cui una della parti viene disarmata, bendata e costretta con le mani legate dietro la schiena.

Il tutto ovviamente evitando alla Regione di assumersi la responsabilità politica di iniziative “d’ufficio” di fusione, come la costituzione teoricamente le consentirebbe, e permettendole invece di nascondersi dietro a finte espressioni di volontà popolari. Magari alla fine avranno anche il coraggio di dire che si sarà trattato di nobili duelli, di scelte democratiche e che le fusioni in Toscana siano ancora volontarie. Perché, non ci stancheremo mai di dirlo, il problema non sono le fusioni derivanti da una libera, inequivocabile e consapevole espressione di volontà da parte delle popolazioni interessati in ogni singolo comune. Ma quelle obbligatorie per legge o di fatto. Quelle, insomma, del riformismo a legnate sulla schiena.