FIRENZE – Stroncato smaltimento illecito di rifiuti tessili sia in Italia sia all’estero, anche in capannoni dismessi ed edifici abbandonati.

Otto le persone arrestate (6 in carcere e 2 ai domiciliari), 34 gli indagati di nazionalità italiana e cinese, 10mila le tonnellate di rifiuti tessili del distretto industriale di Prato smaltiti illecitamente sequestrate. Sono i numeri dell’operazione ‘TexMajhong’ della Dda di Firenze in collaborazione con la Polizia municipale di Prato e polizie locali di varie zone d’Italia. Misure, perquisizioni e sequestri emesse dal Gip di Firenze a Prato, Pisa, Bassano del Grappa e Pesaro Urbino. Ad alcuni indagati è contestato il reato di associazione a delinquere dedita al traffico e smaltimento illecito di rifiuti.

Gli scarti tessili sono rifiuti speciali raccolti mediante un capillare e radicato sistema di ritiro “a nero” presso le aziende manifatturiere. Le 10.000 tonnellate sono costituite da scarti e ritagli di tessuto misti a ritagli di carta, frammenti di plastica nonché, a vari rifiuti tipici della produzione e confezione di capi di abbigliamento, come li ha classificati l’Arpat di Prato. Secondo quanto ricostruito, gli scarti venivano stipati in capannoni industriali, container e semirimorchi, sequestrati a Prato, Pistoia, Pesaro Urbino e Firenze. Sia i capannoni che i mezzi utilizzati per la raccolta presso confezioni o pronto moda cinesi presentavano autorizzazioni inesistenti, clonate da altre aziende, o falsificate nella parte riguardante la possibilità di poter trattare i rifiuti tessili. Il profitto illecito è stato stimato in un anno e mezzo a 800.000 euro. Oltre al Nord Italia e le Marche l’organizzazione per eludere i controlli aveva avviato l’esportazione degli scarti tessili anche verso la Spagna.

Quel ritrovamento delle etichette nel 2018

Nel 2018 c’è stato il primo riscontro investigativo col ritrovamento di etichette di abbigliamento in cumuli di rifiuti abbandonati a Cascina (Pisa) ed è stata individuata un primo gruppo criminale, composto da due italiani ed una donna cinese, che si occupavano della raccolta dei rifiuti presso i vari pronto moda e confezioni di abbigliamento del pratese, con servizio di ritiro porta a porta. Oltre allo smaltimento illecito dei rifiuti speciali, senza autorizzazioni, gli investigatori hanno pure rilevato, sotto il profilo fiscale, una contabilità parallela confermata da quadernoni di appunti manoscritti, con copertine multicolorate, anche scritti in cinese, trovati durante le perquisizioni e che affiancavano la documentazione ‘ufficiale’. L’attività successiva – intercettazioni, appostamenti, pedinamenti, tracciatura dei mezzi mediante apparati satellitari – ha portato gli investigatori a individuare due filoni di smaltimento parallelo, nelle Marche e in regioni del Nord grazie in capannoni industriali dismessi, situati in luoghi appartati per i quali veniva corrisposto il canone di locazione solo i primi mesi e dove quindi venivano abbandonati i rifiuti tessili, anche con pericolo e rischio di incendi.