Una storia iniziata trecento anni fa, si è conclusa oggi in modo impietoso. La Richard Ginori, azienda di Sesto Fiorentino, specializzata in oggetti in maiolica, porcellana, terraglia e ceramica, è stata dichiarata fallita dal tribunale di Firenze. La decisione è stata depositata stamani dai giudici chiamati a pronunciarsi sull'ammissibilità o meno dell'azienda al concordato preventivo. L'azienda è in liquidazione dalla scorsa primavera, quando il bilancio consuntivo 2011 aveva rivelato perdite superiori allo stesso capitale sociale. Il collegio dei liquidatori ha lavorato per una soluzione di concordato preventivo, cercando un soggetto che potesse rilevare le attività commerciali e produttive della Richard Ginori: soggetto che, lo scorso dicembre, era stato individuato nella cordata composta dalle aziende Lenox e Apulum. Attualmente la Ginori conta 314 lavoratori, tutti da agosto in cassa integrazione per cessazione dell'attività.
Tribunale: «Intrinseca incertezza» «Il piano si presenta dotato di intrinseca incertezza in ordine al verificarsi dei due principali eventi su cui si basa»: lo scrive il tribunale fallimentare di Firenze dichiarando inammissibile la domanda di concordato preventivo per l'industria di manifatture Richard Ginori 1735. Il tribunale ha esaminato due istanze di fallimento, accertando l'insolvenza della storica azienda di Sesto Fiorentino e decidendo di nominare un curatore fallimentare. «L'attestazione dell'asseveratore – scrive anche il tribunale fallimentare di Firenze – non attesta la fattibilità del piano ne' formalmente ne' ancor prima sostanzialmente». I due eventi, giudicati di incerta realizzazione dal tribunale fallimentare di Firenze e sulla base dei quali veniva proposto il concordato, sarebbero consistiti uno, nell'affitto dell'azienda e nella successiva cessione per 13 mln di euro; l'altro nella cessione dei musei della Richard Ginori allo Stato, per ricavare 23 mln su cui compensare un debito tributario di 16 mln. Nel decretare il fallimento il tribunale individua circa 80 milioni di poste passive (circa 38,5 mln di crediti privilegiati; 33 mln chirografari; 8,5 mln di spese) contro un attivo stimato in 50 mln. Quanto allo stato di insolvenza per il tribunale fallimentare essa emerge dalla cessazione dell'attività aziendale di Richard Ginori dal 31 luglio 2012; dalla entità delle poste debitorie; dallo squilibrio tra attivo e passivo (50 mln di attivo contro 80 mln); e, appunto, dalle stesse incertezze rilevate nella domanda di concordato preventivo respinta. Il tribunale ha nominato giudice delegato Isabella Mariani, curatore fallimentare Andrea Spignoli e ordinato di depositare i bilanci e i libri contabili in cancelleria. Disposto l'esercizio provvisorio dell'impresa per un termine di tre mesi nei limiti individuati dal curatore Spignoli e dal giudice Mariani. Il 28 maggio udienza per l'esame dello stato passivo: creditori e terzi che vantano diritti su cose in possesso della Richard Ginori hanno tempo entro 30 giorni prima di questa udienza per presentare le loro domande in cancelleria.
Lavoratori occupano un’area dello stabilimento Un centinaio di lavoratori della Richard Ginori questa mattina ha occupato l'area della fabbrica di Sesto Fiorentino. I lavoratori, che avevano già animato il presidio dei Cobas davanti a Palazzo di Giustizia e alla Regione Toscana, si sono riuniti in assemblea all'interno della sala mensa, per fare il punto sugli ultimi sviluppi e sugli scenari dell'azienda, ora affidata al curatore fallimentare Spignoli. Domattina alle 9, secondo quanto riferito ai lavoratori da Giovanni Nencini (Cobas), si terrà un incontro con il presidente della Regione Enrico Rossi e con l'assessore regionale a lavoro e attività produttive Gianfranco Simoncini.
Pillole di storia Risale a prima della Rivoluzione francese, a Doccia, la nascita della Richard Ginori, specializzata in oggetti in maiolica, porcellana, terraglia e ceramica, di cui oggi il tribunale ha dichiarato il fallimento. Fu nel 1735 infatti che il marchese Carlo Ginori, nei pressi di Colonnata, nel comune di Sesto Fiorentino fondò la celebre fabbrica di porcellana. Il marchese in realtà assecondò quella che era considerata una vera e propria moda dell'epoca, la cui manifattura costituiva all'epoca un vero segreto conteso tra Stati. In Europa, infatti, dopo il viaggio di Marco Polo, la porcellana veniva considerata uno strano e prezioso materiale e un'affermazione di prestigio per chi la possedeva. Prima di Ginori, già in Sassonia, il re Augusto II il forte aveva dato vita ad una fabbrica di produzione ma fu presto sorpassata dal Granducato di Firenze dove il marchese perfezionò gli studi per fabbricare tale materiale costruendo nella sua tenuta di Doccia un rudimentale forno. Acquistò poi la villa delle Corti impiantando così il primo nucleo della Manifattura. Poi l’11 ottobre 1896 l'azienda si fuse col gruppo industriale del milanese Augusto Richard e di lì iniziò la sua ascesa. Vennero costruiti nuovi forni, nuovi fabbricati e ampliata la produzione degli isolatori elettrici per far fronte alla crescente richiesta del mercato. Nel Novecento, l'azienda conobbe il momento del suo massimo splendore. Quindi, nel 1970 diventò una controllata della Finanziaria Sviluppo di Michele Sindona (da lui poi ceduta tre anni dopo alla Liquigas di Ursini). Nel 1975 la Pozzi e la Richard Ginori diedero quindi vita alla Pozzi-Ginori. Negli anni Novanta, la svolta: la Pozzi-Ginori venne acquistata dalla Sanitec Corporation, leader nell'arredobagno, mentre la Richard Ginori venne rilevata dalla Pagnossin. Un decennio dopo, nel 1996, va registrata la breve presenza nel gruppo della Bormioli Rocco & Figli. Negli ultimi cinque anni, l'azienda ha vissuto varie vicissitudini: prima e' stata rilevata dalla Starfin Spa di Roberto Villa, poi nel 2009 è tornata ad essere quotata in Borsa. Nel frattempo però sono stati accumulati debiti per oltre 40 milioni di euro, la fabbrica di Sesto Fiorentino è stata posta in liquidazione volontaria. Nell'agosto scorso l'attività è stata sospesa e i 330 lavoratori posti in cigs. I forni però non sono stati spenti, sebbene ridotti al minimo della potenza. Forse auspicando una rinascita che non c’è stata.