FIRENZE – Da sabato 3 luglio il Battistero di Firenze riaprirà al pubblico e per la prima volta sarà possibile vedere restaurate quattro delle otto pareti interne in marmo bianco e verde di Prato con i mosaici raffiguranti profeti, santi vescovi e cherubini, realizzati fra il primo e il secondo decennio del Trecento. Addossato a uno dei quattro lati restaurati, il monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII, opera di Donatello e Michelozzo, risplende liberato dalle polveri superficiali che coprivano la doratura della figura bronzea.
Il restauro
Durante gli otto mesi di chiusura al pubblico, in parte dovuta alle misure adottate per il contenimento della pandemia da Covid-19, i lavori di restauro del Battistero sono andati avanti. Nel frattempo è iniziata anche la manutenzione dell’antico pavimento che terminerà con il restauro di una preziosa porzione in tarsie marmoree. Da fine gennaio 2021, smontati i ponteggi sui lati restaurati, in contemporanea sono stati rimontati sugli altri da restaurare, dove in questo periodo sono in corso le indagini diagnostiche. Iniziato nel 2017, dopo aver finito quello delle facciate esterne e del manto di copertura due anni prima, il restauro delle pareti interne del Battistero terminerà entro la fine dell’anno, salvo imprevisti. Diretto e finanziato dall’Opera di Santa Maria del Fiore con un investimento globale di circa 2 milioni di euro, il restauro è condotto sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, e la collaborazione per le indagini diagnostiche con Università italiane e laboratori specialistici. Il progetto odierno non riguarda il restauro dei mosaici della Cupola che saranno oggetto di un successivo restauro. Il restauro del Battistero si è rivelato fin da subito molto complesso perché ha dovuto operare su tre piani: l’architettura, la struttura e la decorazione a mosaico. La campagna di studi e d’indagini diagnostiche, mai eseguita prima d’ora in maniera così approfondita sull’intero monumento, e il restauro dei primi quattro lati hanno portato a numerose scoperte, tra le quali: la tecnica musiva assolutamente originale impiegata nei mosaici parietali, un vero e proprio unicum, tracce di foglia d’oro su uno dei capitelli dei matronei, che potrebbe essere la prova che in origine fossero tutti dorati. Adesso è la volta delle indagini diagnostiche sulle quattro pareti ancora da restaurare di cui sappiamo che i mosaici sono stati oggetto di precedenti interventi tra la fine dell’Ottocento e il Novecento. «È importante approfondire – spiega Beatrice Agostini progettista e direttore dei lavori di restauro dell’Opera di Santa Maria del Fiore – gli effetti di questi restauri del passato, così da poter definire il reale stato di conservazione e individuare la metodologia più idonea d’intervento. L’analisi dei precedenti restauri contribuirà, inoltre, a conoscere il comportamento dei prodotti utilizzati in passato e come questi abbiano reso nel corso del tempo. Dal punto di vista estetico, per esempio, abbiamo riscontrato che per integrare parti perdute o danneggiate, furono impiegate delle tessere dorate speciali, a oggi molto deteriorate».