«Il provvedimento di revoca è illegittimo oltre che errato». Comincia così una lunga lettera raccomandata che, Aldo Iacomelli, ex presidente di Aamps, ha inviata ieri al sindaco di Livorno Filippo Nogarin, e per conoscenza al presidente del Consiglio comunale e al presidente del collegio dei sindaci revisori dell’azienda, in merito alla revoca del consiglio di amministrazione che presiedeva, notificatagli il 7 gennaio scorso.
Impostazione autoritativa L’illegittimità del provvedimento di revoca deciso da Nogarin, secondo Iacomelli, deriva da una violazione del regolamento comunale sull’organizzazione delle società pubbliche, in cui si prescrive che «il procedimento di revoca abbia inizio con la contestazione formale degli addebiti all’amministratore e l’assegnazione di un termine per la presentazione di eventuali controdeduzioni. Solo poi, previa la valutazione di quanto dedotto dall’interessato, il sindaco può procedere alla conclusione del procedimento e alla eventuale adozione motivata del provvedimento di revoca». Iacomelli contesta anche l’impostazione definita “autoritativa” del sindaco: «Gli amministratori dell’Aamps non sono suoi mandatari, né, tanto meno, dei meri esecutori delle sue volontà – si legge sempre nella lettera – Secondo diritto, l’ente socio formula le sue indicazioni e i suoi obiettivi e l’ente li recepisce, attuandoli in modo autonomo e, se del caso, critico. La società pubblica e i suoi amministratori devono essere efficienti, non obbedienti, autonomi, non sottoposti. Ed per queste ragioni che il suo provvedimento di revoca ex abrupto è illegittimo, visto che è espressione di una concezione autoritaria (e perciò contra legem) del ‘legame’ tra il sindaco e la società comunale».
Provvediemnto errato Il provvedimento contestato inoltre, sempre secondo quanto riporta l’ex presidente di Aamps, è anche errato nei presupposti e nelle sue ragioni: «La situazione economico finanziaria dell’Aamps è stata affrontata dal Comune di Livorno in modo ‘approssimativo’ – scrive Iacomelli – senza una strategia univoca e, soprattutto, in mancanza di una chiarezza strategica. Prima, è stato deciso il ripianamento dei debiti, poi, senza ragione alcuna, la ‘soluzione’ concordataria (peraltro, senza individuazione delle risorse e, al contempo, prescrivendo la stabilizzazione di ben 33 lavoratori). Resta intesa la determinazione dello scrivente – conclude la lettera – di difendere il proprio operato e di tutelare in ogni sede la propria integrità professionale».