Intervento di restauro per il ritorno all’antico splendore per la Madonna col Bambino, oggi esposta nel Museo dell’Opera a Siena, ma proveniente dalla pieve di San Giovanni evangelista a Basciano (Monteriggioni).A presentare l’intervento la Delegazione Fai di Siena in collaborazione con l’Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, l’Opera della Metropolitana di Siena, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo e il restauratore Jacopo Carli.

Il dipinto su tavola è di piccole dimensioni (66 x 44 cm), ma si tratta di un grande capolavoro di Giovanni di Stefano detto il Sassetta, che fu attivo a Siena dal 1423 e morì prematuramente nel 1450. La prima metà del Quattrocento fu caratterizzata dall’ultima vitale stagione dello stile gotico, che assunse aspetti di internazionale comunanza fra l’Italia e i Paesi dell’Europa del Nord. A Siena un bel gruppo di artisti mantennero ad alti livelli la produzione della scuola locale, sapendo recuperare la lezione dei grandi maestri del primo Trecento, innervandola delle moderne tendenze di eleganza e decorativismo estremo, e spesso accogliendo le novità delle modernissime manifestazioni artistiche del primo Rinascimento fiorentino. Il Sassetta espresse meglio di tutti questa cultura, a cominciare dal suo impegno più antico, la Pala dell’Arte della Lana (1423-1426), di cui restano dodici preziosi frammenti nella Pinacoteca Nazionale di Siena e altri sparsi in vari musei all’estero. Questo immaginifico pittore raggiunse il suo vertice nella grande pala per la chiesa francescana di Borgo San Sepolcro (1437-1444). Dipinta sui due lati, rappresenta sul lato frontale una Madonna col Bambino incoronata dagli angeli e attorniata da San Giovanni Battista, San Giovanni evangelista, Sant’Antonio da Padova e il Beato Antonio Rasini; su quello tergale un San Francesco in gloria e otto storie della sua vita, dove il pittore inventa incantevoli scenette animate da figure di grande raffinatezza formale immerse in paesaggi da sogno, ma saldamente impiantati sulle razionali regole delle rappresentazioni prospettiche messe a punto dal fiorentino Masaccio. Il Museo dell’Opera del Duomo ha la fortuna di conservare questa Madonna col Bambino, della quale non è nota l’originale destinazione, ma che si può pensare adornasse la casa di un facoltoso e raffinato committente e servisse per la sua devozione privata. Probabilmente in età moderna l’opera fu donata alla pieve di San Giovanni evangelista a Basciano, dove nel 1862 Francesco Brogi la catalogò per conto dell’Amministrazione Provinciale, attribuendola a Giovanni di Paolo (attivo dal 1420 – Siena, 1482). Il giusto riferimento al Sassetta arrivò solo nel 1914, grazie all’occhio attento di Frederick Mason Perkins, storico dell’arte americano ed esperto conoscitore della pittura senese, che percorreva il territorio della Toscana meridionale alla ricerca di antichi dipinti da pubblicare (e all’occorrenza comprare, per vendere sul mercato americano). Anche Raimond Van Marle (1932) e Bernard Berenson (1932) furono dello stesso parere, mentre più tardi sia John Pope Hennessy (1939) sia Enzo Carli (1957), probabilmente condizionati dalla molta sporcizia che copriva la superficie pittorica, ritennero la Madonna di Basciano come il prodotto di un aiuto del maestro. Ci volle la pulitura fatta per presentare il dipinto alla mostra Arte in Valdelsa, tenutasi a Certaldo nel 1963, per consentire a Paolo dal Poggetto – confortato anche dall’autorevole parere di Roberto Longhi – di riaffermare l’autografia in favore del grande e raro pittore senese.

L’intervento di restauro Oggi questa preziosa ‘reliquia’ pittorica ha bisogno di un attento intervento conservativo della struttura lignea e di una leggera pulitura, che esalti la tenerezza della pittura a tempera e le numerose squisitezze nel fingere la veste serica della Madonna, il variopinto cuscino di stoffa operata e il pavimento a piastrelle in perfetto scorcio prospettico, usando le foglie d’oro del fondo, che sono opportunamente velate di colori traslucidi e finemente sgraffite, secondo quella raffinata procedura che era stata messa a punto da Simone Martini e portata alla perfezione da Gentile da Fabriano all’aprirsi del Quattrocento.