FIRENZE – Un’altra delusione per le vittime della Moby Prince. La Corte di appello di Firenze ha respinto la richiesta di risarcimento avanzata dai familiari nei confronti dei ministeri della Difesa e dei Trasporti.
I giudici di secondo grado hanno confermato la sentenza del tribunale che aveva negato la causa risarcitoria per prescrizione. La nuova decisione ha lasciato “profondamente amareggiati e delusi” i parenti delle 140 vittime.
“Rispettiamo questa pronuncia ma ci rimane difficile comprenderne la motivazione e la fondatezza, anche su un piano giuridico – ha affermato in una nota Luchino Chessa, presidente dell’associazione 10 Aprile-Familiari Vittime Moby Prince e Nicola Rosetti, a capo di Associazione 140 -. Solo dopo le conclusioni della commissione parlamentare di inchiesta del Senato a gennaio del 2018, che ha sovvertito le lacunose sentenze del Tribunale di Livorno, abbiamo avuto certezza su fatti fino ad allora decisamente negati, quali i tempi di sopravvivenza dei nostri cari a bordo della Moby Prince maggiori di mezz’ora, i soccorsi che non sono mai stati attivati verso il traghetto ma solo nei confronti della petroliera di Eni, Agip Abruzzo, e la assenza di nebbia nella rada di Livorno. Sulla base delle sentenze penali, che escludevano questi fatti, non era in alcun modo possibile attivare una richiesta di risarcimento”.
E’ stata poi avviata “sulla base di un principio già affermato con sentenza sulla strage di Ustica che riguarda il momento in cui il diritto dei danneggiati può essere fatto valere per la richiesta di risarcimento”. “Ci amareggia molto anche la condanna alle spese legali a favore dei due ministeri”. Chessa e Rosetti affermano poi che “è per noi incomprensibile che la commissione di inchiesta approvata due mesi fa all’unanimità dall’Aula di Montecitorio non sia ancora operativa. È necessario completare il lavoro delle commissioni di inchiesta delle ultime due legislature quanto prima. Per quanto ci riguarda, nonostante questi evidenti cortocircuiti giudiziari, continueremo il nostro impegno civico affinché situazioni paradossali come questa non si verifichino più, per nessuno”.