L’endorsment del Presidente-Segretario Matteo Renzi a favore della ricandidatura di Enrico Rossi alla Presidenza della Regione Toscana ha suonato come un poderoso “gong”. Nel senso che se da un lato segna lo start per la corsa alle elezioni regionali, dall’altro ha rintronato e stordito un po’ tutti, soprattutto i renziani della prima ora, quelli che alle primarie e alla rottamazione ci credono davvero, quelli che hanno sempre rivendicato di prendere in mano i processi in prima persona, a volte anche in modo un po’ tranchant, e che adesso non possono certo vedere di buon occhio una nuova era Rossi in Regione; e ha spiazzato anche qualche non renziano che forse aveva altro in mente, e che con Rossi in campo rimane fermo al palo.
Già, ma come aspettarselo, come non rimanere spiazzati?
Siamo in Toscana, la terra dove tutto è cominciato, e dove per “tutto” intendo il “fenomeno Renzi”, nuova era politica del Belpaese o toccata e fuga a colpi di immagine esso sia. Ai poster (e ai 6×3) l’ardua sentenza…. La Toscana è stata di fatto scenario, ma anche attore di spalla, dell’ascesa al Comune di Firenze prima, alla segreteria del partito poi e infine alla Presidenza del Consiglio passando dalla famosa rassicurazione «Enrico (Letta) stai sereno», in un crudele derby tra corregionali. La regione della Leopolda, del Big Bang. La regione dove poter far esplodere in tutto il suo splendore la metafora dello “stil novo” renziano, tanto per citare una fatica letteraria del Segretario. Un valore simbolico inestimabile per il Segretario del PD e per tutto ciò che egli rappresenta. Ma non solo, anche interessi politici concreti e pesanti: dall’aeroporto di Peretola, alla tramvia cittadina, alla nuova stazione dell’Alta Velocità, allo sviluppo della piana fiorentina. Insomma tutta roba che riguarda Firenze certo, ma Firenze è in Toscana, Firenze per certi aspetti è la Toscana. E Renzi decide di prendere tutto questo e farne un pacco dono per altri cinque anni al “cuperliano” Enrico Rossi? E lo fa in un minuetto di botta e risposta che vede prima il Presidente del Consiglio fare il lieto annuncio a RTV38, e poi il Presidente della Regione in carica rispondere su facebook di «accettare nella diversità»? A onor del vero il Segretario Regionale Parrini «diversamente da accettare» ricorda invece che saranno gli organismi a decidere, a partire dal fatto se si dovranno o meno tenere primarie per il Presidente (su quelle per i consiglieri sembra ahimé che la pietra sopra sia già stata piazzata, leggi).
Enrico Rossi, colui che non troppi mesi fa incarnava l’antrirenzismo istituzionale, una figura politica vecchio stile, meditativa e prudente, che non solo nella sostanza ma anche nei modi si contrapponeva alla “nouvelle vague” renziana. Tanto velocità, muscoli e comunicazione era Renzi, quanto giusti tempi, cursus honorum e sostanza voleva rappresentare Rossi. Lasciamo stare poi che negli ultimi tempi così non è più stato, e che il Presidente Rossi se non ha cambiato stile ha comunque assecondato molti dei desiderata renziani, sia su questioni strettamente politiche (vedi il rimpasto di Giunta) sia su temi istituzionali. Ma basta questo per farne, soprattutto agli occhi dei militanti renziani più “puri”, il nuovo cavallo, il nuovo Pegaso sulla cui groppa caricare l’onda del cambiamento? Si accontenteranno i renziani di appiccicare le ali della nuova Toscana su un cavallo veterano solo perché lo ha detto il leader e senza nemmeno dare troppe spiegazioni?
Oltretutto poco più di tre mesi fa le cose non sembravano stare così visto che il Pd regionale chiese ufficialmente a Enrico Rossi di fare il capolista nel collegio Italia Centrale nelle elezioni europee. Proposta fatta prima dell’idea (o perlomeno l’identità di genere del Presidente farebbe propendere per questa tesi) di fare capolista cinque donne. Non si comprende perché se la candidatura di Rossi è oggi così «naturale e scontata», come dice Renzi, il PD tre mesi fa volesse sottrarre ai cittadini toscani una guida riconosciuta così importante e imprescindibile, e volesse tra l’altro farlo con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato regionale, arrivando così persino a forzare il normale processo democratico istituzionale pur di allontanare Rossi dalle Regione (difficile non pensare in quel caso ad un “promuovere per rimuovere”).
Nei prossimi mesi gli organismi del PD saranno chiamati a dire la loro. Nel frattempo, chissà, magari questa vicenda diventerà una prova di maturità per molti dei primi sostenitori di Renzi, la maturità del coraggio di far sentire al proprio leader quando ti sta deludendo, senza nascondersi. O magari invece no, ci sarà solo silenzio e tanti rospi ingoiati.
A proposito: sempre che sia tutto vero però, e che non sia, piuttosto che un “pacco dono”, semplicemente un pacco con su scritto #enricostaiserenobis.