Dove si ritrovava (fino a qualche tempo fa) una città di provincia apparentemente isolata dal mondo ma in realtà centro gravitazionale di quanti volevano far leva sulle sue numerose istituzioni per fare il grande balzo?
Due università (una con quasi tutte le facoltà e l'altra per stranieri), una banca di interesse nazionale, una Fondazione che fu la più ricca d'Italia, un ospedale sovradimensionato per le esigenze del circondario e capace di attrarre pazienti da tutto il centrosud, un territorio biglietto da visita per quanto c'è di più buono e bello nell’agricoltura da export, squadre di basket e calcio che militano nelle rispettive massime serie, il Conservatorio, l’Accademia Siena Jazz e l'Accademia Chigiana. Il tutto a beneficio di poco più di cinquantamila abitanti. Come un quartiere di Milano o Roma.
Forse Siena era unica anche per questo: la sua capacità di essere grande, nonostante le dimensioni. Almeno fino a ieri. Fin quando la ricchezza generata dal Monte dei Paschi permetteva di ricadere sul territorio e mantenere tutto questo. E chi negli anni l'ha capito, con la città è riuscito a spiccare il volo.
Il primo, in tempi recenti, a cogliere le potenzialità di una carriera all'ombra della Torre del Mangia fu Luigi Berlinguer. Il professore, illustre docente presso la facoltà di Giurisprudenza, comprese ben presto come far leva sulla città, sulle sue istituzioni e, non ultimo, sul prestigioso ed evocativo cognome. Galeotto fu il 750enario dell'Università di Siena (nel 1990) con l'attenta regia di un apparato di comunicazione degno dei grandi eventi. Apparato che si sarebbe poi consolidato con la creazione di un corso di laurea poi elevato a facoltà di Scienze della Comunicazione. Una corazzata capace di raggiungere più obiettivi: creare professionisti del settore in un mercato che aveva maturato l'esigenza di comunicatori di mestiere, creare cattedre sulle quali mettere docenti fidati, produrre insegnamenti a contratto per illustri giornalisti di livello nazionale che sarebbero stati (quando non lo erano già) utili per creare buona stampa al potente di turno. Così dopo un paio di lustri da rettore riuscì nell'impresa romana, finendo a fare il Ministro dell'Università e ricerca scientifica (1996-2000).
La corazzata della Comunicazione di Ateneo tornò utile anche al successore di Berlinguer, Piero Tosi che ne avrebbe ereditato non solo l'ermellino ma anche le relazioni, tentando pari fortuna con minor risultato. Il medico pesciatino, infatti, nonostante gli sforzi dell'apparato di comunicazione ulteriormente potenziato e la presidenza della Crui (la potente conferenza del rettori italiani) non eguagliò il suo predecessore, mancando di un soffio uno scranno ministeriale nel 2006.
Non è andata tanto male a Pierluigi Piccini, sindacalista e dipendente del Monte dei Paschi che da Piancastagnaio giunse a Siena per poi diventare vicesindaco con Mazzoni della Stella e sindaco nel 1992. Piccini cadde poi vittima di una guerra intestina al suo partito non riuscendo a passare (2001) dalla poltrona di primo cittadino a quella di presidente della allora ricca e potente Fondazione che deteneva il saldo controllo sul Monte dei Paschi. All'ultimo metro gli passò avanti il giovane e brillante avvocato catanzarese, Giuseppe Mussari, che avrebbe inciso profondamente sulla città per quest’ultimo decennio, con la presidenza della Fondazione prima e Banca Mps poi. Piccini si è poi consolato finendo la sua vita lavorativa da vicedirettore generale di Monte Paschi Banque a Parigi.
Altri personaggi che hanno toccato Siena per un touch-and-go, traendone maggior forza sono Giuliano Amato e Franco Bassanini. Entrambi vennero eletti parlamentari nella circoscrizione senese, il primo nei primi anni ’90 con il Psi ancora craxiano, il secondo nei primi anni Duemila con i Ds. Per Amato da Siena il trampolino fu rapido con la nomina a Presidente del Consiglio (1992/93), e anziché finire nel girone dei dispersi craxiani riuscì tra i pochi a trovare asilo a sinistra proprio grazie ai suoi legami senesi, e fu firmatario della legge di riforma del sistema bancario che, appunto, porta il suo nome. Oggi si diletta con l'Istituto per l'Enciclopedia Italiana Treccani e spera nel salto conclusivo al Quirinale. Bassanini, invece, è attualmente presidente della Cassa Depositi e Prestiti, organismo finanziario di primaria importanza. E in molti lo accreditano come vicino alle vicende montepaschine.
Siena, dunque, ha portato fino ad oggi fortuna a chi l’ha saputa prendere per il verso giusto. Mentre i senesi non si sono accorti per tempo che le dimensioni delle loro istituzioni (Università, Banca e Fondazione in testa) erano diventate troppo grandi per non destare l'interesse (e l’appetito) di chi ne avrebbe potuto assumere la guida per poi tentare il grande salto, magari su navi più prestigiose.
Non saranno, quindi, le monetine lanciate oggi a Giuseppe Mussari a risarcire una collettività ferita né a esimere da colpe una comunità che è stata nel migliore dei casi distratta su quel che le accadeva intorno. Il lancio di monete è una vergogna come lo fu quello a Bettino Craxi giusto vent’anni fa (30 aprile 1993). E occorre che tutte le forze politiche stigmatizzino questi gesti, soprattutto i candidati a sindaco.
Da domani però si deve anche ricominciare. Senza affidarsi a novelli Achab che conducono la nave dove a loro fa comodo, scendendo poi quando i mari diventano perigliosi. Ma è in tempesta che si vede il marinaio. È in questa tempesta che si deve vedere l'anima della senesità.
Ah, s'io fosse fuoco