maccabiHa compiuto un’impresa eccezionale. Senza dubbio. Per farlo, ha fatto cose semplici. Senza magate. Ha portato una squadra preparata, facendo le stesse cose (tecniche e tattiche) che faceva a ottobre, a febbraio, a maggio (quando conta). Dentro a questo, con grandissima coerenza tecnica e con una idea che ha iniziato a costruire ad agosto. David Blatt, caoch del Maccabi Tel Aviv fresco vincitore dell’Eurolega, era un buon allenatore con una ottima scuola alle spalle, agli occhi di molti. Oltre alla dote di essere stato un assistente proprio in quel Maccabi vincente. Ma era ancora tutto da verificare. Una valigia preparata per stare fuori a lungo, senza una meta precisa. Dopo qualche anno più che un coach di elevato spessore per le ”invenzioni” è quello che più di tutti ha dimostrato di essere capace di adattarsi ad allenare i giocatori che ha e quelli che il suo club può prendere, mettendo in campo squadre in cui tutti fanno quello che sanno fare. Niente di più, niente di meno.

 Blatt_David

Un sistema difensivo solido, che richiede tempo e fiducia sul lavoro (vero Dynamo Mosca?), un sistema offensivo molto semplice dal duplice volto. Concetti, spaziature, collaborazioni e movimenti per tenere coinvolto tra le prime opzioni offensive Big Sofo, un giocatore “ingombrante” anche tatticamente, oltre che per la  sua stazza. Blatt ha avuto cura di tenere in campo giocatori ordinati ma con qualche limite (Pnini e Ohayon), le cui qualità di tiratori con poco talento potessero essere esaltate da un catalizzatore di aiuti dentro l’area, accettando in questo sistema di rinunciare spesso a Rice, forse troppo mobile e talentuoso per un gioco di triangoli offensivi e di passaggi in post basso. Concetti, spaziature, collaborazioni e movimenti completamente diversi per la coppia Rice-Tyus, spesso in campo insieme ed esaltati dalla semplicità dei pick-and-roll centrali che scatenavano la fantasia del primo e l’atletismo del secondo. In sostanza due vestiti buoni ma non di marche conosciutissime, fatti indossare alla propria squadra in ogni occasione e con l’aiuto di alcuni operai (Hickman, uno buono ma non considerato buonissimo, e Blu, che ha dismesso la canna da pesca per giocare un basket “da piedi per terra oltre l’arco”).

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Questo, più di una determinata zona o di un adeguamento difensivo da fare “al volo” è stato il capolavoro tattico di David Blatt.Portare una squadra capace di giocare incondizionatamente il proprio basket, senza sbalzi umorali e con costanza, esaltando la marea gialla che supporta da sempre lo spirito dei Maccabei. Insomma, un Mago? Si, per come dimostra di “usare” il cosiddetto materiale umano. Ma preferiamo di no, perché David Blatt è diventato l’icona della coscienza e dei risultati che si raccolgono come frutto del lavoro quotidiano. Signori, annuite con la testa ed applaudite non l’allenatore, ma una persona capace di allenare.