Dopo lo sciopero degli oltre 4500 dipendenti di qualche giorno fa nelle dieci città capoluogo nulla sembra essersi mosso, a parte qualche intervento, sporadico in verità, e il silenzio imbarazzato di partiti, governanti e politici. Ad uscire allo scoperto sono stati a Siena i socialisti che esprimono vicinanza e solidarietà, almeno quella, ai lavoratori, chiedendo chiarezza su tempi e modalità di riattribuzione delle deleghe. La Regione Toscana ha tempo fino al 31 dicembre per decidere cosa intende fare. Di sicuro vuole riprendersi le deleghe che hanno risorse (la formazione professionale, ad esempio) ma in tal caso dovrebbe assorbire anche il personale.
E come la mettiamo con i 5.000 esuberi che il presidente Enrico Rossi ha recentemente annunciato? La situazione non è semplice e come spesso accade in Italia si fa finta di niente e si spera che il silenzio cali per lasciare manovrare in santa pace il manovratore (chi mai sarà poi?). Con buona pace dei lavoratori che però non ci stanno a passare per capri espiatori di un sistema pubblico che non funziona.
Davvero il Paese va male per colpa delle province e dei loro lavoratori? Ma fateci il piacere, avrebbe detto Totò. Una cosa però con questa riforma si è ottenuta. I cittadini non possono più votare i loro rappresentanti perché “eletti” dai sindaci e tra i sindaci. Che a quanto pare dedicano pochissimo del loro tempo ad amministrarne bilanci, risorse umane e in condizioni così incerte da rendere impossibile qualsiasi forma di progettualità di medio termine. Se anche questo non è un modo per far andare male le cose ditemi voi cos’è. In compenso possiamo votare per le regioni. Ma il voto di ieri in Emilia e in Calabria – nel tempo delle larghe intese – rischia di essere solo l’inizio della fine. Della democrazia partecipata.
Ah, s’io fosse fuoco