Gli speziali da sempre hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella vita del nostro Paese, non solo perché vendevano spezie e profumi esotici, uomini del dubbio e dell’esperimento, innovatori e liberi pensatori e facevano “pozioni magiche”, ma perché le botteghe degli speziali erano luoghi particolari, veri e propri salotti culturali dove i notabili e gli aristocratici si incontravano per deliziarsi con elisir e dolcetti e per discorrere di politica locale e nazionale.
Lo speziale era uno studioso di erbe, appassionato di antiche ricette, raffinato enogastronomo, sperimentatore di preparati a base di erbe, e sovente anche colto poeta e abile pittore.
Già gli Etruschi erano esperti farmacisti e profumieri dediti alla raccolta di piante medicinali e fiori da vendere nelle vie dell’antica Roma, i profumatissimi unguenti e le essenze erano conservati e venduti in epoca etrusca e romana in preziosissimi contenitori in vetro, ceramica e alabastro di cui ancora oggi abbiamo testimonianza nei musei.
Nell’alto Medioevo la preparazione dei medicamenti era riservata ai monaci, che negli orti dei conventi coltivavano i “semplici” (erbe e aromi) per preparare le ricette magiche, poi l’importanza del diffondersi del commercio delle spezie, merci di grande valore economico, conferì prestigio a coloro che le vendevano o le manipolavano e nacque cosi la professione dello speziale, organizzata su una gerarchia ristrettissima e in una forte corporazione.
In Italia una prima distinzione fra speziale e medico si deve a Federico II (1235 ca.), che operò una specie di “riforma sanitaria“. In base a questa, lo speziale era chi manipolava erbe e spezie per fabbricare un medicamento, mentre colui che faceva la diagnosi e prescriveva il rimedio era il medico, prima di questo editto le due professioni non erano distinte, e ancora nel XIII sec. esisteva a Firenze una corporazione unica di medici e speziali dove vi era iscritto anche Dante Alighieri.
«Nel XIV secolo a Siena vi erano circa quasi cinquanta botteghe di speziali (Archivio di Stato di Siena, fondo Arti 132), ed erano diffuse anche in altre città. Gli speziali vendevano non solo medicine, ma anche erbe e spezie necessarie per la preparazione dei medicinali, spezie usate per scopi alimentari, dolci ricchi di spezie, profumi ed essenze, colori per tintori e pittori, cera per candele, sapone, spago, carta per scrivere e inchiostro. Dalla vendita di tutte queste merci derivava grande prosperità economica. Lo speziale era una sorta di farmacista, che conosceva prodotti e potenzialità ai fini terapeutici e il suo lavoro era considerato uno dei più redditizi. Oltre al miele e confetti, si parla di unguenti probabilmente alludendo a medicinali che di solito venivano fatti nei monasteri. Inoltre vi è il riferimento ai vini: malvasia, vin greco e altri vini preziosissimi».
Ed allora anche io andrò alla scoperta delle materie prime come facevano loro e scriverò approfondimenti su qualche erba aromatica o qualche spezia o su materie prime ricercate cercando di scovarne la storia ed i conseguenti utilizzi.
«…Gli uomini possono chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non possono sottrarsi al profumo. Poiché il profumo è il fratello del respiro; con esso penetra negli uomini e a esso non si può resistere, se si vuole vivere.E il profumo scende in noi, direttamente al cuore e là distingue categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l’amore dall’odio. Colui che domina gli odori, domina il cuore degli uomini».