La manifestazione del 6 marzo 2016

GENOVA – Nessun tentativo di occultare indizi o manomettere indagini nonostante ”avessero fatto una perquisizione e avessero manipolato la scena”.

Per questo che il giudice Nicoletta Guerrero del tribunale di Genova, è arrivato il momento di archiviare l’indagine su Nicola Marini, Aldo Natalini e Antonino Nastasi relativamente al fascicolo sulla morte di David Rossi, del quale erano titolari. Secondo il giudice, i tre magistrati senesi non hanno commesso il fatto per cui erano stati inscritti nel registro degli indagati nel filone delle indagini condotte a Genova in seguito alle dichiarazioni di Pasquale Aglieco, colonnello dei carabinieri e comandante provinciale a Siena nel 2013, quando l’allora capo della comunicazione di Banca Monte dei Paschi, David Rossi, morì precipitando dalla finestra del suo ufficio, in pieno centro a Siena.
I tre magistrati senesi indagati per falso aggravato erano stati interrogati nei mesi scorsi dai colleghi genovesi.

A Nicola Marini, Aldo Natalini e Antonino Nastasi veniva contestata loro la mancata verbalizzazione della perquisizione, con annessa ispezione informatica e sequestro, della stanza usata da David Rossi come ufficio, nella sede della banca.

Per gli aggiunti genovesi Francesco Pinto e Vittorio Ranieri Miniati, i tre avrebbero fatto “una perquisizione”, manipolarono la scena, ma non ci fu alcun intento di occultare indizi o manomettere le indagini. Per il giudice i tre non hanno commesso il fatto perché la verbalizzazione delle operazioni doveva essere fatta dalle forze dell’ordine e non dai magistrati.

Con l’archiviazione a Genova, già preceduta dalla richiesta della Procura, per i tre magistrati, le indagini legate alla morte di David Rossi risultano chiuse. A rimanere aperte è invece la posizione di Pasquale Aglieco, che è indagato per false dichiarazioni ai pm nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Rossi. L’ex comandante dei carabinieri si trova però in Tunisia, dove nel mese scorso è stato condannato a 8 mesi senza condizionale per la presunta falsificazione di un atto dell’anagrafe.