Mussari, Vigni e Baldassarri giudicati colpevoli e condannati a 3 anni e mezzo di reclusione. Il Collegio presieduto da Leonardo Grassi dopo 4 ore di Camera di Consiglio ha anche disposto per tutti e tre gli imputati l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici. La pena di tre anni e sei mesi non è sospesa ma non sarà eseguita in attesa dell’appello. Per tutti l’accusa era di concorso in ostacolo alle funzioni dell’autorità di vigilanza. Le motivazioni delle sentenza saranno depositate entro 90 giorni, mentre in separata sede sarà liquidato il danno civile. Sia Vigni sia Baldassarri, gli unici imputati presenti in aula, avevano lasciato il Tribunale separatamente e senza rilasciare dichiarazioni, poco dopo le 14.
Le difese: «Faremo appello» «Certo che faremo appello: un processo è come una partita di calcio, ci sono sempre tre risultati». Lo ha detto l’avvocato Franco Coppi, uno dei difensori dell’ex direttore generale di Mps, Antonio Vigni, dopo la condanna degli imputati nel processo per la ristrutturazione di Alexandria. «Non sono soddisfatto neppure quando vinco, figuriamoci quando perdo», ha aggiunto. Ad annunciare appello anche i legali di Mussarri e Baldassarri.
Il legale di Mussari: «Siamo sorpresi da sentenza» «Siamo molto sorpresi: nei confronti di Giuseppe Mussari non c’era nessun elemento di prova. Ricorreremo in appello e su questo siamo molto fiduciosi». Così l’avvocato Fabio Pisillo, uno dei legali di Giuseppe Mussari, dopo la lettura della sentenza.
Avvocato Baldassarri: «Bankitalia sapeva» «I testi comparsi in Tribunale hanno dimostrato che Bankitalia era a conoscenza di tutta la vicenda relativa al mandate agreement». Lo ha detto Filippo Dinacci, uno dei difensori dell’ex capo area di Mps, Gianluca Baldassari, dopo la lettura della sentenza. «Hanno dovuto anche cambiare capo di imputazione perchénon riuscivano evidentemente a dimostrare l’ostacolo come evento ingannatore». Il suo collega Stefano Cipriani ha annunciato che: «leggeremo la sentenza e poi faremo appello».
Pm Siena: «Impianto accusatorio ha retto» «La Procura è contenta per il fatto che l’impianto accusatorio ha retto sia pure con una rideterminazione della pena». Questo il commento dei Pm Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso. «Il Tribunale ha riconosciuto che c’è stato un evento di danno in concreto», aggiunge la Procura. A chi chiedeva se i Pm faranno ricorso (avevano chiesto 7 anni per Mussari e 6 per Vigni e Baldassari), i magistrati hanno risposto che «non ci abbiamo ancora pensato».
LA GIORNATA
La giornata era cominciata poco dopo le 9,30 con la replica di uno dei Pm, Giuseppe Grosso. Sempre stamani ci sono state le controrepliche dei difensori e poi i giudici si sono ritirati per la sentenza. Per i tre imputati l’accusa è di ostacolo in concorso all’esercizio delle funzioni delle pubbliche Autorità di Vigilanza. .
Il Pm Grosso: «Mussari attore regista, Baldassarri sceneggiatore e Vigni aiuto regista di un film drammatico» Poco meno di mezz’ora è durata la replica del Pm Giuseppe Grosso che nel corso del suo intervento ha spiegato che «la difesa di Mussari ha sostenuto che fosse attore inconsapevole, ignorante che leggeva un copione. Mussari era in realtà attore regista, Baldassarri sceneggiatore e Vigni aiuto regista di un film drammatico». Il Magistrato ha evidenziato poi: «abbiamo dimostrato in maniera inconfutabile come il mandate fosse l’ossatura di tutta l’operazione». Grosso ha, poi, concluso: «Questo è stato, lo abbiamo visto, il processo delle mail eppure non c’è stata una mail che attesti che il mandate sia stato fornito a qualcuno. Bastava mandare una mail con il mandate allegato». Dopo Grosso è intervenuta prima l’avvocato di Bankitalia Olina Capolino, unica parte civile ammessa al processo, poi ci sono state le repliche di tutti i difensori. I legali di Mussari, Vigni e Baldassarri ancora una volta hanno messo in risalto come il mandate era conosciuto da tutti all’interno della banca e come gli ispettori di Bankitalia avrebbero potuto tranquillamente svolgere il loro lavoro e stabilire tutti i collocamenti necessari legati all’operazione con Nomura.
La difesa di Mussari: «Non ha mai visto nessun contratto e non conosceva i dettagli dell’accordo con Nomura» L’avvocato Fabio Pisillo, difensore di Mussari, durante la sua replica ha puntato più volte il dito contro l’operato di Bankitalia e «di fronte ai fatti incontroventabili del processo e non fatti esterni, non posso credere che un Tribunale possa condannare Mussari» che, secondo l’avvocato, «non ha mai visto nessun contratto e non conosceva i dettagli dell’accordo con Nomura» dal momento che alla data della conference call a cui partecipò l’ex presidente non esisteva nessun mandate.
La deposizione spontanea di Baldassarri e i dubbi sul ritrovamento del mandate Prima che i giudici si riunissero in Camera di consiglio, Baldassarri ha voluto fornire una dichiarazione spontanea durante la quale ha più volte sottolineato gli effetti positivi dell’operazione di ristrutturazione del derivato Alexandria al punto che «la revisione del bilancio Mps – ha detto – secondo me non era da fare». Baldassarri ha evidenziato di aver rispettato i regolamenti interni e «se Bankitalia nel 2009 si fosse rivolta all’area finanza avrebbe trovato 5 dirigenti a conoscenza del mandate». L’ex capo area finanza ha poi sollevato dubbi sul metodo con cui il 10 ottobre del 2012 l’attuale ad di Mps Fabrizio Viola trovò il mandate agreement nella cassaforte di Vigni. «Quello che mi sorprende come uomo di banca – ha detto Baldassarri in aula – è la fase del ritrovamento, come se prima ci fosse stato uno smarrimento. Non l’hanno cercato nel posto ovvio e bastava andare da Fulci (area finanza Mps ndr)».
Baldassarri apostrofato all’arrivo Al suo arrivo in Tribunale una signora ha urlato contro Baldassarri: «Dovete andare in galera». L’ex capoarea finanza Mps non ha risposto ma il suo legale ha chiesto alle forze dell’ordine presenti se potevano evitare che i passanti importunassero il suo assistito.
Il presidio di Lega Nord e M5S Due i presidi organizzati davanti al Tribunale di Siena. In piazza la Lega Nord e il Movimento 5 stelle, uno di fianco all’altro, per chiedere «giustizia». Le bandiere delle due formazioni politiche sono vicine ed è stato steso uno striscione dove si legge «Il Pd rovina Siena». I due presidi erano composti complessivamente da una trentina di persone.