A Grosseto è stato il giorno di Salvatore Ursino, lo “stagista” della Costa Concordia che oggi al Teatro Moderno come testimone dell’accusa è stato ascoltato per tutto il giorno dai Pubblici Ministeri nell’ambito del processo contro il comandante Francesco Schettino. Il 13 gennaio 2012 Ursino era ufficiale in addestramento.
La testimonianza Ursino è stato il primo testimone che ha raccontato cosa accadde in plancia durante la navigazione del 13 gennaio 2012, dalla partenza dal porto di Civitavecchia all'impatto contro lo scoglio del Giglio che determinò il naufragio con le 32 vittime, e poi sulla fase dei soccorsi, fino all'evacuazione della nave. I precedenti testimoni dell'accusa, il primo ufficiale di coperta Giovanni Iaccarino (leggi) e l'ufficiale cartografo Simone Canessa (leggi) – nelle fasi dell'urto erano in turno di riposo e si stavano rilassando in cabina con i videogiochi. Invece Ursino fu sempre in plancia di comando. Da qui potè assistere a tutti gli eventi; inoltre – diversamente dalla prassi – fu l'unico ufficiale a rompere il silenzio sul ponte dicendo a Schettino, come risulta dalla 'scatola nera' che «la poppa era impegnata» cioè che la nave stava trovando degli ostacoli, gli scogli dell'impatto imminente. Ursino se ne accorse perché, avendo intuito la stranezza della prima manovra d'emergenza ordinata da Schettino (timone completamente a dritta, con la nave a 16 nodi di velocità) si precipitò sull'aletta sinistra della Concordia notando che la nave scodava contro gli scogli illuminati dai fari laterali. Dopo l'urto, e in pieno caos a bordo, lo 'stagista', con altri ufficiali, si adoperò per dare soccorso ai passeggeri finché salendo su una scialuppa stracolma di naufraghi si ritrovò insieme allo stesso Schettino, circostanza a cui probabilmente sarà dedicata parte delle domande dell'accusa visto che il comandante è imputato anche del reato di abbandono della nave. Ursino è anche l'unico, fra gli ufficiali indagati della plancia, la cui posizione è stata archiviata dalla procura. Nell'inchiesta, infatti, aveva le stesse accuse di Schettino, tranne il reato di abbandono della nave, e degli altri ufficiali: omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose, naufragio colposo: però e' stato liberato da ogni gravame quando è stato definito che come 'ufficiale in addestramento' non avrebbe potuto partecipare alla manovra ma limitarsi a familiarizzare con gli strumenti di bordo e osservare gli ufficiali di ruolo nei loro compiti, nonché astenersi da commenti e osservazioni. Ora, oltre ad essere testimone, si è anche costituito parte civile nel processo assistito dall'avvocato Antonio Langher.
Il teste: «Stavamo morendo tutti per la richiesta assurda di un maitre» «Dissi di Schettino “se ne è andato, se ne è andato”, ma non intendevo fisicamente dalla nave, mi riferivo al fatto che se ne era andato di testa, era giù di morale, dissi così perché l'avevo visto molto scosso sugli scogli mentre la nave affondava» ha dichiarato Ursino spiegando in aula il senso di alcune intercettazioni ambientali che i carabinieri raccolsero in una saletta della caserma di Orbetello il giorno dopo il naufragio. Questi audio, proposti in aula, riportano i commenti di Ursino con altri testimoni e indagati in attesa di essere sentiti dai carabinieri. Ursino nella deposizione ha anche detto che «Schettino lasciò la nave mentre a bordo c'erano altri passeggeri». Ursino ha confermato di aver valutato il naufragio «una cosa allucinante, la gente se le cerca. Stavamo morendo tutti per la richiesta assurda fatta da un maitre – ha anche detto – la nave stava affondando e si parlò di black out».
Ursino sulla scialuppa disincastrata insieme a Schettino «Lasciai la nave con il comandante e altri membri dell'equipaggio. Eravamo su una lancia, con passeggeri, che si era incastrata e che riuscimmo a liberare dai bracci di acciaio. Ci allontanammo poco prima che la nave si abbattesse sopra di noi. Raggiungemmo il Giglio, la scialuppa su cui eravamo si schiantò sugli scogli». E' il racconto del teste Ursino che ha ricostruito la fase in cui lasciò la nave e ritrovò, dopo aver assistito all'urto dalla plancia, Schettino e altri ufficiali al ponte 3, poiché al ponte superiore l'inclinazione della nave impediva di imbarcarsi sulle scialuppe. «Eravamo a centronave, nella zona prodiera, c'erano due imbarcazioni incastrate, non liberate dai bracci di acciaio – ha ricordato il teste -. C'era molta gente dentro, passeggeri. Trovai in quella parte della nave altri membri dell'equipaggio, fra cui il comandante Schettino. Tutti ci adoperammo per disincastrare le lance in tutti i modi, anche con calci e pugni, mentre la nave sbandava ancora, si inclinava e tutti rischiavano di fare la fine dei topi. Appena possibile andammo sul tetto di una lancia, chi saltandoci, chi scivolandoci. C'ero io e altri membri dell'equipaggio. C'era anche Schettino, che ordinò al timoniere di mandare i motori». La scialuppa, ha riferito Ursino, «andò poi a schiantarsi sugli scogli, sbarcammo e Schettino rimase a guardare l'affondamento della nave». Il vicecomandante Bosio, ha proseguito Ursino, «rimase bloccato sulla balaustra, non poteva raggiungere la scialuppa e si gettò in mare raggiungendo a nuoto l'isola. La nave si inclina sopra di noi poco dopo che ci allontanammo». Per la difesa di Schettino, tramite l'avvocato Francesco Pepe, «il racconto di Ursino finalmente dimostra che Schettino non abbandonò la nave, anzi ha salvato venti persone e rischiò insieme agli altri membri dell'equipaggio di essere travolto dalla Concordia».
La contraddizione secondo l’avvocato di Stato Il teste Ursino ha detto stamani che Schettino lasciò la Costa Concordia a bordo di una lancia disincastrata dal ponte 3, ma l'avvocato dello Stato Patrizia Pinna, intervenendo come parte civile nel pomeriggio, rileva una contraddizione: «Nei verbali dei carabinieri Ursino dichiarava di non sapere con chi e con quale mezzo Schettino abbandonò la nave». Ursino, rispondendo all'avvocato dello Stato, ha detto: «Schettino era arrivato al Giglio sulla lancia su cui ero salito anch'io. Inizialmente non avevo la certezza che ci fosse anche lui, sul tetto della lancia ci eravamo saltati in dieci. Sugli scogli mi resi conto che c'era anche il comandante su quella lancia». L'avvocato Pinna ha letto passaggi di due verbali in cui, nel gennaio 2012, Ursino disse ai carabinieri che «non so dire chi ce l'abbia portato e con quale mezzo abbia abbandonato la nave». «Per me c'è la contraddizione», ha chiosato l'avvocato Pinna. E il presidente del collegio Giovanni Puliatti ha confermato di avere la stessa opinione sul punto.
Gli ospiti sul ponte di comando «In plancia c'erano il primo maitre Antonello Tievoli, il maitre Ciro Onorato, l'hotel director Manrico Giampedroni, oltre che la ragazza moldava che rimase sulla porta ed erano lì per ammirare il passaggio ravvicinato al Giglio». Lo ha detto Ursino rispondendo alle domande del Pm Stefano Pizza che chiedeva chi fossero gli ''ospiti'' sul ponte di comando, luogo della nave solitamente riservato solo agli addetti alla navi. I quattro accompagnavano il comandante Schettino e sono previsti come testimoni del Pm dopo la deposizione di Ursino. Ursino ha anche detto che, tra i presenti, «Schettino parlava più di tutti con Tievoli, che si avvicinò alla consolle di comando, posizionandosi alla sinistra del comandante. 'Schettino – continua il teste – chiese a Tievoli se avesse contattato il comandante in pensione Palombo per informarsi in relazione al passaggio ravvicinato al Giglio» che la Concordia stava per compiere. «Palombo – prosegue il teste – verrà chiamato da Tievoli».
Scogli a 20 metri «E' insolito sentire un ordine di timone a dritta mentre si va a 16 nodi, perché la nave sbanda e si inclina su un lato determinando la possibile caduta oggetti e persone – prosegue il racconto di Ursino -. C'era qualcosa di strano, così di mia iniziativa andai sull'aletta sinistra mi affacciai dalle vetrate: vidi gli scogli a una ventina di metri, con prora a dritta e poppa verso sinistra. D'istinto mi venne di dire che la 'poppa era impegnata a sinistra».
E Schettino disse: «Maronn c’aggio cumbinat!» «Abbiamo urtato uno scoglio?» e poi: «Maronn c'aggio cumbinat!»: questa la voce di Francesco Schettino tratta dagli audio che il Pm Pizza ha fatto ascoltare stamani in aula al processo sulla Costa Concordia ricostruendo le fasi dell'urto contro gli scogli con l'ufficiale Ursino. Si sente anche dire Schettino ordinare «Chiudere le porte stagne a poppa». Ordine ripetuto anche dal suo vice Ciro Ambrosio.
Il timoniere sbagliò a capire gli ordini Il timoniere indonesiano sbagliò due volte a comprendere i comandi di Schettino, e a ripeterli, ma il comandante non intervenne e non prese provvedimenti se non dicendo «otherwise we go on the rocks (altrimenti andiamo sulle rocce)». Lo ha ricordato il teste Ursino, ufficiale in addestramento. «Mi misi a fianco del timoniere poiché si andava con navigazione manuale e anche perché talvolta c'era necessità di ripetergli gli ordini, che gli venivano dati in inglese. Lo feci di mia iniziativa». Ursino poi ha ricordato che il terzo ufficiale di coperta, Silvia Coronica, «si avvicinò al timoniere ma anche Coronica lo fece di sua iniziativa» muovendosi alla sua postazione.
Gli altri testimoni Dopo Ursino, per l'udienza di martedì 29 ottobre sono previste le convocazioni di altri testimoni dell'accusa: il maitre Antonello Tievoli, che avrebbe chiesto a Schettino il passaggio ravvicinato all'isola, sembra per desiderio di suoi parenti; il comandante di navi, ora in pensione, Mario Palombo; la ballerina moldava Domnica Cemortan; Ciro Onorato, membro dell'equipaggio, che prima era al tavolo del ristorante di bordo con Schettino e poi anche lui salito in plancia col comandante.
Due nuovi avvocati per tutelare l’immagine di Schettino Due nuovi avvocati nel collegio difensivo del comandante Schettino: sono due legali civilisti che cureranno eventuali cause di risarcimento danni per lesione dell'immagine del comandante nel corso della vicenda del naufragio e durante lo svolgimento del processo. «Cureremo i rapporti con i media – hanno spiegato Davide Perrotta e Cataldo Calabretta – e cercheremo di tutelare l'immagine del comandante più volte lesa da ricostruzioni superficiali». La novità ha esteso il pool difensivo dell'imputato che finora comprendeva, tra gli altri, gli avvocati Domenico Pepe, Francesco Pepe e Donato Laino. Presente all'udienza anche l'avvocato giuslavorista Rosario D'Orazio che assiste Schettino nelle cause di lavoro contro Costa Crociere spa; un procedimento è alla Cassazione per un ricorso sulla competenza del tribunale – se Genova o Torre Annunziata – che dovrà decidere sul licenziamento di Schettino.