E' ripreso questa mattina a Grosseto il processo per il naufragio della Costa Concordia. Unico imputato il comandante Francesco Schettino che anche oggi era presente in aula. Il teste più atteso al Teatro Moderno è stato il capitano di fregata Gregorio De Falco della capitaneria di porto di Livorno, che la notte del 13 gennaio 2012 esortò con energia il comandante Schettino a risalire sulla nave con una serie di telefonate, fra cui quella resa celebre dalla frase ''Torni a bordo, c…!'' (leggi).

De Falco: «Non mi convinceva la situazione di apparente tranquillità» Dalla Costa Concordia ammisero la falla solo venendo contattati più volte da terra, in particolare dalla capitaneria di Livorno. Lo dice De Falco ricordando che «alle 22.38 la nave dà il segnale di distress. Chiamo io la nave perché non convince la situazione di apparente tranquillità che loro dichiaravano. A seguito di questo ammettono che c'è una falla e non un semplice black out, così possiamo inviare motovedette ed elicotteri». «Mentre dalla nave ci davano rassicurazioni sulla situazione a bordo, i carabinieri di Prato ci avevano avvisato della telefonata di una parente di una passeggera secondo cui la nave era al buio, erano stati fatti indossare i giubbotti di salvataggio, erano caduti oggetti e suppellettili: circostanze non coerenti con quanto dichiarato dalla nave» racconta De Falco. «Questo ci fece pensare che la situazione era più grave e nessuno dalla Concordia aveva ancora chiamato per chiedere soccorso».

In aula l'audio delle conversazioni De Falco/Schettino «Quanti passeggeri ci sono ancora a bordo, comandante?». E Schettino: «Non lo so, mi trovo sulla lancia, credo massimo una diecina di persone sull'altro lato»: è una delle prime conversazioni tra De Falco, che chiede informazioni dalla sala operativa di Livorno e Schettino. Ma alla capitaneria risultavano almeno in quella fase almeno 2-300 persone ancora a bordo. E’ mezzanotte e 28 minuti. Ancora De Falco: «Quanti coordinano lo sbarco? Lei dove si trova?». E Schettino: «La nave è giù a 90 gradi, sono su una scialuppa tra la nave e terra». «Comandante: quante persone vede in acqua? Ci sono donne, bambini? Quanti sono? Si stanno buttando in acqua?». «A bordo c'è una decina…». «Può verificare questo dato? Voglio i dati'» «Io chiesi quante persone andare a cercare a bordo – ha detto oggi De Falco -, insistevo ma il comandante non mi sapeva dare le risposte».

Schettino disse: «A bordo rimango io» «Comandante, chi rimane a coordinare i soccorsi da bordo, chi ci rimarrà, lei?». E Schettino alla domanda di un sottocapo della capitaneria di porto di Livorno: «Ci rimango io». «Grazie, comandante». La conversazione viene fatta ascoltare al processo di Grosseto e risale alle 23.37 del 13 gennaio 2012.
 
Schettino nervoso «Vada a bordo, c….!» E Francesco Schettino abbassa lo sguardo agitando un foglio scritto che tiene in mano, mentre parla con uno dei suoi avvocati. Così l'imputato del processo sul naufragio della Costa Concordia reagisce mentre scorre l'audio della telefonata con cui De Falco tentò di convincerlo a risalire sulla nave per coordinare i soccorsi ai passeggeri. Durante la testimonianza di De Falco Schettino ha interloquito spesso con la sua difesa, anche scuotendo la testa e sorridendo in modo nervoso durante le telefonate più concitate e drammatiche con De Falco. «Esortai il comandante Schettino a risalire sulla nave ma non ci sono riuscito» aggiunge il capitano di fregata . «Ancora oggi mi chiedo perché era sceso».
 
 Momenti di tensione tra difesa Schettino e teste «Come mai aggrediva il comandante Schettino in questo modo? Aveva motivo? Perché lo incalzava così? Lo ha trovato corretto?», ha domandato il difensore di Schettino, Patrizio Le Piane, durante oltre tre ore di controesame del teste Gregorio De Falco, in relazione alla telefonata chiosata dalla frase «Vada a bordo, c..!». «Sì – ha risposto il comandante della capitaneria di porto di Livorno -, era corretto incalzarlo perché c'era da soccorrere tantissime persone a bordo della Costa Concordia, delle quali non riuscivo in nessun modo a stimare il numero, forse duemila». «Schettino non mi dava le informazioni necessarie perciò insistevo perché risalisse a bordo», ha detto De Falco nella sua deposizione. Il confronto tra la difesa di Schettino e il teste ha raggiunto momenti di forte polemica. Tra questi, la difesa dell'imputato ha evidenziato che De Falco, ordinando a Schettino di «risalire una biscaggina sul lato di dritta di prua», avrebbe sbagliato a indicare la posizione della scala che, dicono gli avvocati di Schettino, «invece era a poppa, a sinistra». Ma il testimone ha spiegato che aveva ricavato l'informazione dalle motovedette impegnate nei soccorsi sul posto. «E comunque – ha detto De Falco – quello che mi importava è che Schettino risalisse a bordo. Il comandante di una nave è l'anello centrale, quando ci sono da coordinare dei soccorsi, per tutta una serie di servizi. Schettino doveva risalire». Nella corso della testimonianza De Falco ha detto anche: «Mi spiace della cattiva parola con cui chiusi quella frase», ma Schettino «non mi dava informazioni».

Sit in il 13 gennaio Un appello a tutti i passeggeri superstiti della nave Costa Concordia affinché siano presenti all'udienza del 13 gennaio 2014, secondo anniversario del disastro, per mettere in atto un “sit in” dentro l'aula del Teatro Moderno di Grosseto: questa l'iniziativa di protesta che il pool di avvocati di Giustizia per la Concordia ha annunciato stamani prima dell'udienza del processo. Sempre per il 13 gennaio 2014 sono stati previsti, secondo le intenzioni dei promotori, anche cinque minuti di silenzio in aula «per chiedere rispetto e giustizia». I passeggeri superstiti sono stati invitati dagli avvocati di parte civile «ad una vera e propria mobilitazione generale per quei passeggeri della Concordia ancora indignati e decisi a non far passare sotto indifferenza tutte le vere responsabilità legate al naufragio». Sempre annunciando l'iniziativa del prossimo 13 gennaio, il pool Giustizia per la Concordia ha rinnovato le sue critiche alla compagnia Costa Crociere spa i cui «vertici dovrebbero tenere conto delle loro responsabilità» e ha chiesto che i loro assistiti siano «'risarciti decorosamente. Se dovessimo limitare il processo alla ricerca della responsabilità di Francesco Schettino – scrivono gli avvocati di parte civile in un volantino distribuito prima dell'udienza -, avremmo già potuto chiudere il processo qui. Se invece vogliamo ricercare la verità allora si deve permettere alle parti civili di andare oltre la cronologica rappresentazione dei tragici eventi».