«Durante tutta l'emergenza ho fatto il possibile per trasmettere calma a tutti e farmi riferire le cose». Lo ha detto il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, verso la fine dell'udienza di oggi al processo di Grosseto in una dichiarazione spontanea ammessa dal presidente del Collegio, giudice Giovanni Puliatti. E’ la seconda volta che Schettino interviene con affermazioni proprie nel processo.

La testimonianza del capo elettricista Nell’udienza odierna è stato ascoltato il capo elettricista della nave, Antonio Muscas che ha raccontato come «il generatore di emergenza della Costa Concordia non funzionò, usammo un cacciavite per tenere acceso l'interruttore e farlo ripartire, ci riuscimmo tre volte, in questo modo lo riattivammo per alcuni minuti. Eppure il 9 gennaio, tre giorni prima, a Barcellona fu fatto un test ed era entrato in funzione». Muscas ne ha parlato in riferimento ai drammatici momenti dopo l'urto con gli scogli, quando in brevissimo tempo tutti gli apparati della nave andarono in avaria e unica possibilità di avere energia a bordo era affidata al generatore di emergenza di energia elettrica, prodotta con motore diesel. Muscas, rispondendo al Pm Alessandro Leopizzi e alle parti, ha precisato che dal «generatore di emergenza» proviene l'energia per azionare «i bracci di sgancio delle scialuppe di salvataggio» e per far funzionare «gli ascensori in modo da riportarli ai ponti di imbarco sulle lance di salvataggio». Dopo l'urto, ha raccontato Muscas, in breve «il locale del quadro elettrico principale era allagato» (un metro e venti di acqua) e «c'erano avarie» gravi. Quindi, «il generatore diesel di emergenza non partì e allora ci adoperammo per attivarlo, ma la leva dell'interruttore non teneva e dovemmo porre un cacciavite per avere il contatto. Ma era in avaria anche la ventola di raffreddamento del motore – ha detto Muscas – purtroppo è progettata in modo che non possiamo intervenire alla stessa maniera con un cacciavite». Sempre Muscas ha evidenziato che rispetto ad altre navi da crociera, la Costa Concordia non ha sistemi elettrici doppi, posizionati in luoghi diversi della nave, così da sperare di averne almeno uno funzionante, e questo ha peggiorato le condizioni per ovviare alle avarie. Riguardo alle comunicazioni date al ponte di comando, il capo elettricista Muscas ha detto di non averlo fatto «perché non potevo andare al telefono, che era dalla parte opposta a dove stavo lavorando» in emergenza. Tempo dopo «a un certo punto, dal ponte zero – ha anche detto Muscas – ho sentito dire di abbandonare la centrale e la nave».

Legale Costa: «Evento di grandi proporzioni ha influenzato gli impianti» «Il capo elettricista Antonio Muscas ha detto che il generatore d'emergenza era allagato per tutto il locale, subito dopo l'urto: con un urto di questo genere e una lesione della nave di questo genere è ovvio che una parte significativa degli impianti non funzionasse». Lo ha detto il difensore di Costa Crociere spa, avvocato Marco De Luca, commentando la testimonianza di stamani del capo elettricista che ha parlato del mancato funzionamento del generatore di emergenza dopo l'impatto della Concordia contro gli scogli del Giglio. «In quelle specifiche condizioni – ha proseguito in una pausa l'avvocato – il generatore d'emergenza ha subito un surriscaldamento, mentre nelle prove effettuate solo qualche giorno prima, il generatore era assolutamente perfetto. Se tre giorni prima tutto funzionava a regola d'arte, e l'evento è stato di quelle proporzioni, è logico pensare che abbia avuto un'influenza su tutti gli impianti».

E Schettino chiese: ««E allora stiamo andando a fondo praticamente? Non l'ho capito» «Sì, sta l'acqua fino all'officina»: così, sei minuti dopo l'urto il comandante della Concordia Schettino seppe che la nave era persa. E' quanto emerge da una conversazione delle 21.51 fatta sentire per la prima volta al processo di Grosseto. Schettino chiedeva della situazione al direttore di macchina Giuseppe Pilon, oggi teste in aula, che gli risponde. Nella conversazione, con telefoni interni della nave, delle 21.51 Schettino aveva iniziato a domandare a Pilon: «Ma almeno un motore si può accendere?». E il direttore di macchina: «Stiamo andando giù a vedere, non possiamo entrare in macchina, e' arrivata l'acqua fino all'officina, non possiamo andare giù». Quindi Schettino: «E allora stiamo andando a fondo praticamente, non l'ho capito?». Pilon risponde: «Sì, sta l'acqua fino all'officina. Comandante fammi scendere a controllare». Nella stessa testimonianza il Pm Leopizzi ha fatto ascoltare altre conversazioni captate dalla scatola nera della nave. La prima, tra plancia di comando e sala macchine – ai ponti inferiori venne subito compresa la gravità dell'incidente – fu alle 21.49. Schettino chiese a Pilon: «Ci sta rientrata l'acqua?». Pilon: «Hai voglia, lato dritto sto scendendo». E Schettino, incredulo: «C'è assai l'acqua?». Pilon: «C'è acqua, non si può scendere. Ti metto in moto le pompe d'emergenza». Ancora Schettino: «Allora dobbiamo dare fondo all'ancora». Due minuti dopo Schettino diventa consapevole dell'affondamento. Poi una terza conversazione fatta sentire sempre durante la testimonianza di Pilon. E’ delle 22.10. Schettino: «Direttore su che corrente siamo?». «Abbiamo agganciato il diesel d'emergenza», rispose Pilon. «Ma abbiamo almeno un locale di generatori diesel disponibile?». E il direttore di macchina: «E’ tutto allagato … è partita, nella preparation l'acqua usciva dalla parte superiore della porta stagna». Schettino: «E allora dove abbiamo toccato? Vedo che il vento ci sta spingendo fuori qua. Voglio sapere: se abbiamo i motori 4, 5 e 6». «Comandante non ce li abbiamo», risponde Pilon con voce desolata, finché il direttore di macchina alle insistenti richieste di Schettino sbotta dicendo: «Qui comandante è tutto perso».
 
 
 

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