Foto Cgil Firenze

Buzzi Unicem scarica 100 famiglie, aumentano i loro profitti e diminuiscono i posti di lavoro”, “Con Buzzi Unicem lo stabilimento Testi da sito produttivo a ecomostro”, “Buzzi Unicem, nel Chianti si viene per investire non per licenziare”: sono i tre striscioni che Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil hanno esposto stamani in alcuni luoghi significativi di Firenze (Ponte Vecchio, piazza Signoria, piazza Santa Croce, piazza del Duomo) per tenere alta l’attenzione sulla vertenza del cementificio di Testi a Greve in Chianti, che lì dà lavoro a circa 100 persone (75 diretti, il resto nell’indotto) e rischia di chiudere.

Ipotesi proroga Cassa Integrazione Nella tarda mattinata, per discutere della vertenza, le tre sigle (insieme a Cgil-Cisl-Uil) hanno incontrato l’azienda nella sede di Confindustria in via Valfonda sempre a Firenze: allo studio l’ipotesi di proroga della Cassa integrazione. Da oggi pomeriggio, per sensibilizzare istituzioni e cittadini sulla vertenza e al fine di trovare un percorso condiviso per la continuità di questo sito produttivo, lavoratori e sindacati sono in presidio permanente davanti allo stabilimento in via Testi (Passo dei Pecorai, Greve in Chianti: i gazebo sono stati sistemati all’inizio della SP 33 “Traversa di Testi”) che andrà avanti anche nei prossimi giorni, almeno finché non arriveranno riposte.

I rischi ambientali «Il cementificio di Testi – spiega una nota dei sindacati – ha resistito alla crisi del settore delle costruzioni dal 2008 ad oggi attraverso procedure di licenziamento collettivo, Casse integrazioni e passaggi di proprietà (ora appartiene al Gruppo Buzzi Unicem). Dallo scorso aprile, per l’emergenza Covid, si usano gli ammortizzatori sociali». I sindacati, che da tempo ormai sono in agitazione, temono una smobilitazione, visto che «da marzo i lavoratori sono in Cigo Covid-19, saremmo dovuti ripartire a maggio come hanno fatto tutte le altre cementerie di Buzzi Unicem, invece i vertici della società hanno deciso di prolungare la cassa integrazione, e dirottare i nostri migliori clienti in altre fabbriche di loro proprietà. Durante il lock down la società ha pensato esclusivamente ai propri interessi, ha svuotato tutti i silos sia di cemento sia di klinker, ha trasferito il nostro direttore in un altro stabilimento senza rimpiazzarlo, tutti i capi tecnici sono stati spostati ‘temporaneamente’ in altre fabbriche. Ultimamente assistiamo increduli alla disinvoltura con la quale vengono portate via attrezzature dalla fabbrica, asserendo che, quando le attività riprenderanno, queste ultime saranno riportate in stabilimento. Anche alcuni mezzi di movimentazione terra sono stati trasferiti in altri siti produttivi, naturalmente tutto questo senza mai informare prima i lavoratori». I sindacati denunciano anche i rischi ambientali della situazione: «Cosa accadrà una volta che Buzzi Unicem chiuderà la struttura, rimarrà lì a decomporsi nei decenni a venire, inquinando il terreno e le falde acquatiche, come è accaduto per altre realtà simili? O sarà completamente bonificata, in modo che la natura del luogo torni a riprendersi quello che un tempo era proprio?».