L’hanno già fatto fuori.
Certo che la politica è davvero una brutta bestia, e ‘sto Tavecchio (con tutti i suoi difetti) alla fine mi ha fatto quasi tenerezza.
«Nemmeno a Vallanzasca hanno riservato un simile trattamento…» ha detto in sintesi. E ha ragione. Il tutto nasce da una frase infelice che alla fine si è rivelata uno di quegli autogol che nemmeno l’indimenticato Comunardo Niccolai. Di più. Tavecchio ha dato l’impressione di quei ciclisti che pedalano surplace e alzano tranquillamente le braccia al cielo a cinquanta metri dal traguardo dopo una gara stradominata. E poi vengono beffati da Cipollini in volata.
In ogni caso, anche senza la frase delle banane, Tavecchio non aveva chance. Gli avrebbero comunque trovato un conto sospetto alle Isole Cayman, qualche trascorso burrascoso in un consiglio d’amministrazione e forse anche un’amante russa. Tutto fa brodo, quando certe macchine si mettono in moto… Rimane il fatto che se una frase infelice può rovinare una carriera, uno come Borghezio per esempio (il primo che mi viene in mente) chissà da quanto tempo avrebbero dovuto lasciare la politica.
Ma Borghezio (e chi per lui) sono in qualche modo funzionali al sistema. Che si fa bella e democratica anche esibendo tolleranza verso gente che di tolleranza, forse, non ne meriterebbe troppa.
A Tavecchio, ormai vincente sicuro, hanno evidentemente scavato la fossa. Se non fa in fretta a ritirare la candidatura, troveremo qualche suo coinvolgimento nel rapimento di Aldo Moro.
Vedremo Albertini, che tanto toccherà a lui. Come l’osso al cane.
Vedremo quali battaglie e quale rinnovamento porterà in seno alla moribonda FIGC. Spero, ad esempio, che non corra dietro alle battaglie demagogiche della Gazzetta dello Sport che anche ieri strillava sul campionato a diciotto squadre (meglio, a sedici). Io direi di eliminare anche anticipi e posticipi o addirittura di non farlo affatto. Oppure dare un’occhiata alla Championship inglese, che sono in ventiquattro e hanno il torneo più bello del mondo.
La prima cosa da fare è ripulire gli stadi dalla prepotenza dei violenti. Bonificare le curve dai Commandos, Viking. Fighters vari. Ma lì Albertini non potrà nulla, se non auspicare la chiusura di stadi al primo “buu” razzista (che gli Ultras, alla fine, ti prendono pure per i fondelli).
La seconda è incoraggiare i vivai e privilegiare un tipo di calcio diverso da quello proposto negli ultimi anni. E anche lì vorrò vedere quanto sarà persuasivo con il presidente del Parma, per esempio, che in un anno ha movimentato 168 giocatori (quasi tutti stranieri) o con quello del Genoa, che invece si è fermato a 150.
Buona fortuna, Albertini.