Il commento più caustico l’ho letto su Facebook: «Prato ha proprio la sfiga di essere in Toscana…. Esportiamola!».
Ma non credo che sarebbe la soluzione: non bastano un Castello imperiale, imponente da fuori ma vuoto dentro, una cattedrale bellissima, un paio di musei e qualche scorcio di centro storico notevole per essere una meta turistica di successo, neanche in altre zone d’Italia.
E’ invece da apprezzare la buona volontà con cui si cerca di costruire servizi di accoglienza: Palazzo Pretorio è stato restaurato e trasformato in un museo di grande fascino, con al centro le opere di Filippo e Filippino Lippi, alle quali si aggiunge in questo momento – fino al 10 gennaio – anche un progetto di arte contemporanea denominato Synchronicity; è stato chiamato Clet Abraham a “vivacizzare” la città con le sue installazioni; alle fermate del bus ci sono le “colonnine” verdi della Lam con il percorso “Alla scoperta di Prato” (leggi) che suggeriscono di raggiungere proprio con i mezzi pubblici ben 25 luoghi di arte e cultura; da maggio è in corso il progetto “That’s Prato” (leggi) che prevede visite guidate in italiano ed inglese, completamente gratuite (sono a pagamento soltanto gli ingressi ai musei), con tanto di bus navetta che parte da Firenze alle 9 di mattina e riparte da Prato alle 18, dove aver accompagnato i turisti in città, ma anche nei dintorni con percorsi a tema.
Tanta buona volontà, veramente rara da trovare in altre città, anche se non penso sia facile convincere i turisti a lasciare Firenze proponendo visite guidate su arte a tavola nel Rinascimento, arte contemporanea e archeologia industriale, gli etruschi, i pellegrini, ville e castelli. Senz’altro interessanti e ben fatte, ma l’impatto è poco dirompente.
Di “sistemi binari”, nel turismo, ne esistono tanti: Parigi e Versailles, Berlino e Potsdam, Londra e Windsor – peraltro tutti con distanze chilometriche superiori a quelle fra Firenze e Prato – ma la differenza sta nell’avere poi a destinazione dei castelli o delle dimore reali magnifiche oppure no.
E così conviene ritornare sulla macchina del tempo: alla fine l’unica cosa davvero attraente e differente che potrebbe collegare Prato a Firenze è il Centro espositivo Luigi Pecci, inaugurato nel 1988 proprio per essere l’unico polo dell’arte contemporanea in Toscana (e caratterizzare Prato in maniera originale). Attualmente è chiuso per lavori di ampliamento e la riapertura è prevista fra un anno, però se il Centro vuole essere anche un attore turistico non potrà limitarsi soltanto alle mostre (la cui capacità di attrazione è modesta, a meno di spendere grandi somme in comunicazione), ma dovrà costruire invece una parte esperenziale, spettacolare, “divertente” e soprattutto permanente, che abitui il grande pubblico a fare una trasferta a Prato e avere poi una chiave di accesso per un soggiorno in città.