La scomparsa di Luca Ronconi ha colpito anche e soprattutto la Toscana, regione adottiva di una delle figure più importanti del teatro italiano moderno. Il destino ha voluto che ciò avvenisse a pochi giorni dall’ultima messa in scena al Teatro Comunale di Firenze, dove il regista nativo di Milano mise in scena alcuni degli spettacoli operistici fondamentali della sua storia: dall’ “Orfeo ed Euridice” di Gluck del 1976, al “Nabucco” risorgimentale del 1978, al “Trovatore” tra luna e fuoco, e alla “Norma”. Spettacoli in cui il podio dell’orchestra era calcato da un giovane Riccardo Muti, nel pieno della sua ascesa.
Le parole di Riccardo Muti «Ronconi è il regista con cui ho lavorato di più – ha ricordato nelle ultime ore proprio Riccardo Muti -. Fu a Firenze con l'”Orfeo e Euridice” di Gluck. Erano gli anni ‘70, fu un successo strepitoso, una regia che rivoluzionava il modo di intendere il teatro d’opera. Dopo, tanti registi europei hanno seguito questa sua indicazione. A Firenze poi mise in scena una “Norma” straordinaria, a palcoscenico quasi nudo». Ma centrale nella città fiorentina fu la collaborazione tra Ronconi e il Maggio Musicale che è andata avanti con altri momenti importanti, come l’intera tetralogia wagneriana, accolta dal Maggio e completata a Firenze dopo le contestazioni scaligere, dal 1979 e con sul podio Zubin Mehta, o come “Les contes d’Hoffmann” di Offenbach, nel 1980, con i costumi di Karl Lagerfeld, o il faraonico “The Fairy Queen” di Purcell che chiuse l’edizione del Maggio Musicale del 1987 al Giardino di Boboli tra vere carrozze, carri trainati da buoi e mongolfiere: nel cast figurava tra l’altro un giovanissimo Luca Zingaretti nei panni di Puck.
Ronconi e la Toscana. Il cordoglio dell’assessore Nocentini I legami tra Firenze e Ronconi vanno oltre la lirica: suo assistente alla regia è stato infatti Riccardo Massai, attuale direttore artistico del teatro dell’Antella, mentre come suo ultimo spettacolo di prosa Ronconi ha scelto il testo del drammaturgo fiorentino Stefano Massini, “Lehmann trilogy”, in scena fino a marzo al Piccolo di Milano. «Con lui perdiamo non solo un grande maestro, capace di rinnovare il linguaggio del teatro contemporaneo, ma anche un uomo fortemente legato alla Toscana, regione in cui negli anni ha dato prova di come si possa fare e condividere cultura di avanguardia lasciando un segno nelle nostre città». Così l’assessore alla cultura Sara Nocentini ha espresso il suo cordoglio per la scomparsa del regista Luca Ronconi, di cui si ricorda in particolare anche il legame con Prato, che solo lo scorso novembre, in occasione della messa in scena della “Danza macabra” di August Strindberg, gli aveva conferito la cittadinanza onoraria. «In queste ore a ricordarlo, con le bandiere a lutto, è in particolare la città in cui già negli anni ’70 Ronconi seppe tradurre la sua arte in un laboratorio di innovazione e soprattutto nella realizzazione di un nuovo teatro, il Fabbricone, ricavato in un vecchio insediamento industriale – ha aggiunto Sara Nocentini -. Ma è proprio questa entusiasmante pagina della sua vita che mi sembra indichi una strada per il nostro futuro, richiamando le possibilità della cultura anche nei momenti più difficili. E anche per questo come Regione Toscana nei prossimi mesi faremo in modo di ricordare la sua arte e i suoi insegnamenti».
Ronconi e Prato Un capitolo fondamentale della storia di Ronconi dunque è stato legato a Prato dove dal 1977 al 1979 Ronconi fonda il Laboratorio di progettazione teatrale in collaborazione con il Metastasio, inventando di fatto un nuovo teatro, il Fabbricone, ricavato da un ex capannone industriale, ed eleggendolo a sede di spettacoli fondamentali (e, come sempre, discussi), coinvolgendo poi anche altri storici spazi della città: “Le Baccanti” di Euripide (1978) fu ad esempio un evento itinerante nell’abbandonato Istituto Magnolfi con l’attrice Marisa Fabbri quale unica protagonista. Al Fabbricone Ronconi tornò nel 1986 con “Ignorabimus” di Arno Holz, spettacolo mostre per durata (oltre sei ore: fu rappresentato in due tranche) e per allestimento rigorosamente naturalista, con le scenografie di reali materiali da costruzione come cemento, asfalto, marmo, stucco. Uno spettacolo così imponente che creo problemi non solo finanziari, ma anche logistici: per lungo tempo il teatro pratese fu inagibile, per lo smontaggio lungo e costoso delle scene. Il cast era interamente composto da donne alle prese con ruoli maschili: Edmonda Aldini, Marisa Fabbri, Franca Nuti, Anna Maria Gherardi. Unica attrice a vestire panni femminili: Delia Boccardo. E proprio Prato lo scorso 15 novembre aveva conferito la cittadinanza onoraria a Ronconi. «Con la morte di Ronconi Prato perde un grande maestro, un uomo che ha contribuito a far conoscere la nostra città al mondo e che ha portato il Metastasio a diventare un grande teatro – ha sottolineato il sindaco di Prato Matteo Biffoni -. La cittadinanza onoraria è stato il riconoscimento per l’importante attività teatrale e culturale in città e con il Teatro Metastasio, con la creazione del Laboratorio di progettazione teatrale e tutta l’intensa attività che ne è seguita, dando alla città e al suo teatro fama internazionale e prestigio, oltre alla riconoscenza di aver dedicato per Prato il suo genio, l’impegno e la grande passione».