Porte girevoli nelle banche. A leggere le cronache di questi giorni sembra così. Ma mentre i clienti continueranno ad accedere nelle filiali da cabine di sicurezza, magari con controlli biometrici, i banchieri sembrano transitare da più agevoli porte girevoli che fanno entrare rapidamente nuovi amministratori, che godono della fiducia di Francoforte e Roma, e altrettanto rapidamente scacciano una generazione di amministratori che anziché creare ricchezza è accusata di aver dilapidato patrimoni milionari.
Ha, infatti, un bel dire il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che «i problemi delle banche fanno notizia perché sono così pochi rispetto a quelli che quotidianamente coinvolgono il settore industriale». Sarà, ma a rammentare gli scandali di questi anni, oltre alla Mps della coppia Mussari-Vigni , viene in mente la Carige (processo per associazione a delinquere finalizzata alla truffa per il vecchio presidente Giovanni Berneschi che ha lasciato dietro di sé un buco di oltre 640 milioni), Tercas (rinviati a giudizio 14 tra manager e amministratori), Banca Etruria (commissariata per un buco da 526 milioni, dove dentro c’era anche il babbo della ministra delle riforme Maria Elena Boschi) e da qualche giorno anche la Popolare di Vicenza, presieduta per oltre un ventennio dal re del prosecco Gianni Zonin, interessata da un’inchiesta ancora tutta da scoprire. Senza considerare, poi, il sistema del Credito cooperativo e lo scandalo del Credito Cooperativo di Firenze con il “buco” di 150 milioni di euro lasciato nell’era di Denis Verdini e delle tante banchine di credito commissariate o poste sotto stretta vigilanza delle Federazioni regionali o di Bankitalia, tanto da essere costrette a fondersi o rapidamente a farsi acquisire.
Adesso però sembra che le porte girevoli dei board abbiano preso a funzionare a ritmo incessante più che al Grand Hotel e assistiamo ad un cambio repentino ai vertici dei principali istituti bancari, anche toscani. Un’autentica rivoluzione del credito tra banche che si fondono, acquistano, si incorporano, come non accadeva dai tempi della legge Amato degli anni ’90 con la creazione delle società per azioni che vide la nascita delle fondazioni bancarie.
Il credito cooperativo, ad esempio, non sarà più quello che abbiamo conosciuto in questi cento anni di storia, e così il sistema delle Casse di risparmio. È notizia fresca la fusione di Chianti banca con la Bcc di Pistoia, che aprirebbe all’istituto di Monteriggioni/San Casciano la strada per il Tirreno e la prima posizione nella regione tra le banche del credito cooperativo. Alla presidenza di questo piccolo colosso, a leggere Il Corriere Fiorentino, dovrebbe finire nientemeno che Lorenzo Bini Smaghi, banchiere di gran lignaggio, un passato nel board della Bce e oggi al vertice della francese Société Générale. Potrebbe sembrare un passo indietro per il banchiere fiorentino ma forse non lo è se si pensa che in Parlamento giace una proposta di legge per trasformare le banche di credito cooperativo in società per azioni, popolari o in aggregazioni molto ampie sotto una banca capogruppo.
In parallelo, nel senese, prosegue il percorso di acquisizione di Banca di credito cooperativo di Asciano da parte della Cras di Sovicille che dovrebbe smantellare nel capoluogo delle crete senesi ogni area direzionale e starebbe già riorganizzando il personale. Falliti tutti i tentativi di un accordo con Valdichiana, il cui cda presieduto da Mara Moretti, oggi al vertice della Federazione toscana delle Bcc, addirittura si spaccò per non volere la fusione, alla banca gestita in questi ultimi mesi dal duo Biribò-Duranti non restava che finire in braccio a Florio Faccendi che, fino all’ultimo, sarebbe stato restio all’operazione.
Altra novità di questi giorni poi, le porte girevoli tra Casse di risparmio dove i rumors, sempre secondo Il Corriere Fiorentino, darebbero per vicine la Cassa di San Miniato e quella di Volterra. L’una saldamente in mano a Divo Gronchi, una vita in Montepaschi e fino a due anni fa con l’ambizione di diventare presidente della Fondazione,e l’altra al professor Gianni Manghetti, una vita nelle banche e nelle assicurazioni. Due uomini d’altri tempi e d’altre tempre che poco parlano ma lasciano parlare i fatti. Se mai concluderanno lo sapremo a cose fatte e se esce già una notizia vuol dire che i due sono già a buon punto.
Porte girevoli, poi in Mps che rimane il terzo gruppo bancario italiano nonostante le crisi di questi anni e grazie all’intervento dello Stato con i Monti bond (peraltro restituiti). Chiusi i contenziosi sui derivati con Deutsche Bank (Santorini) e Nomura (Alexandria), al nuovo presidente Massimo Tononi resta il compito più arduo, trovare un partner all’altezza della storia e del valore della banca più antica del mondo. Ieri il neo presidente ha parlato per la prima volta alla città. Da solo in sala San Donato ha usato parole “soavi e gentili” per i senesi e i montepaschini. Anche se la Borsa lo ha punito con un crollo dell’8,5%, quando ha confermato che ancora nessun matrimonio è in vista, ma rimane scontato si farà. Spazzando via in un colpo solo quei ballon d’essai estivi che alcuni giornali si erano prestati a diffondere secondo cui Mps avrebbe proseguito senza fusioni, da sola. A conferma, casomai ce ne fosse bisogno, che ancora in Rocca Salimbeni c’è ancora chi queste porte anziché farle girare più veloci cerca di bloccarle e rimandarle indietro, ad un tempo che, volenti o nolenti, non tornerà più.
Ah, s’io fosse fuoco