GENOVA – “Fino a qualche settimana fa l’unico scopo era indossare la maglietta più bella del mondo, ora sto rinunciando ad un sogno di un bambino”.
Manolo Portanova questa volta non affida ai social le proprie esternazioni. Il tutto è condensato in una conferenza stampa in corso a Genova. Un appuntamento che arriva a pochi giorni di distanza dalla pubblicazioni della sentenza di condanna per violenza sessuale di gruppo. Sei anni di pena per il calciatore del Genoa, così come per lo zio, Alessio Langella, ritenuti responsabili dal Tribunale di Siena di una violenza ai danni di un ragazza di 22 tra il 30 e il 31 maggio 2021: entrambi condannati con rito abbreviato.
“Penso che il nostro silenzio sia durato troppo. Ad oggi quello che posso dirvi è che continuo a chiedermi perché stia succedendo tutto questo – ha spiegato il giocatore -. Soffro per tutto quello che sento, che leggo e per tutte quelle persone che ne fanno parte e sono coinvolte in questa vicenda”. E ancora: “Anche se avrei diritto di giocare purtroppo questa vicenda non è solamente in tribunale ma soprattutto mediatica. Oggi non porteremo ipotesi ma prove che non sono state guardate e se ne occuperà il mio avvocato”.
Al suo fianco il padre Daniele: “A livello penale al primo grado siamo stati sconfitti, però la costituzione dice che ci sono altri due gradi di giudizio. Mentre a livello penale, a livello mediatico mio figlio è già stato condannato prima. Anche se può dar fastidio a qualcuno, noi dobbiamo dire la nostra”. La parole è quindi passata all’avvocato Gabriele Bordoni, che ha lamentato la mancata considerazione delle prove portate dalla difesa. “Abbiamo letto una sentenza che ho il dovere di spiegare a Manolo – ha detto legale – perché in quella sentenza nessun nostro elemento è stato minimamente considerato e contraddetto, se così fosse stato avrei imposto ancora il silenzio”. Nel procedimento sono implicati anche il fratello di Manolo, William, all’epoca minorenne, e un loro amico, Alessandro Cappiello, che ha scelto il rito ordinario.