PISA – Si è svolta stamattina la cerimonia di commemorazione per il 78° anniversario del primo bombardamento della città. Pisa non dimentica la ricorrenza di quel tragico 31 agosto 1943 quando venne colpita da un bombardamento aereo da parte degli Stati Uniti che distrusse gran parte della città, provocando 952 vittime e migliaia di feriti.

L’intervento del Sindaco di Pisa Michele Conti «Il 31 agosto 1943 Pisa e i Pisani furono vittime di un drammatico bombardamento che in pochi minuti rese irriconoscibili le nostre strade e le nostre piazze e gettò nel dolore e nello sconforto migliaia di nostri concittadini.

I Lungarni furono semidistrutti, i ponti crollati, la stazione rasa al suolo e il quartiere di Porta a Mare venne polverizzato, la Saint Gobain fu duramente colpita e lì persero la vita molti degli operai che si trovavano in quel momento in pausa pranzo.

Quel giorno, dicono le cronache ufficiali, le vittime furono 952 e migliaia furono i feriti, ma il bilancio è reso ancora più drammatico dal numero mai veramente definito dei dispersi.

Fu il primo di ben 54 ulteriori bombardamenti che colpirono la nostra città in un crescendo di disperazione e distruzione che sconvolse le vite dei nostri nonni e dei nostri genitori: la guerra era entrata nelle nostre case, la seconda guerra mondiale aveva incrociato la propria ondata di morte e distruzione con le storie dei nostri avi.

Pisa, come il resto d’Italia, fu allora in grado di rialzarsi facendo leva sullo spirito di comunità, sulla solidarietà, sul sacrificio, sull’attaccamento alle proprie radici. Anche oggi dobbiamo affrontare una ripartenza, ricostruendo le macerie economiche – fortunatamente non quelle fisiche causate dalle bombe del 43 – della nostra comunità fiaccata da questa maledetta pandemia conseguenza di un virus che circola ancora oggi fra noi.

Siamo qui oggi per mantenere vivo il ricordo di quei giorni drammatici e abituare i nostri giovani a coltivarne il racconto affinché tutti possiamo meglio comprendere quale strada percorrere per il futuro.

Dall’esempio di chi allora ha lavorato per il bene comune dobbiamo trarre insegnamento per evitare egoismi e particolarismi, per costruire un futuro di pace e prosperità nella consapevolezza che la nostra felicità è legata alle sorti della comunità e che sviluppo e benessere si conquistano solo attraverso un impegno collettivo».