In Toscana in questi giorni c’è una storia nella storia. Una che potrebbe essere arrivata quasi al termine, l’altra che potrebbe iniziare. Entrambe, però, fatte di speranza e sofferenza. E’ quella che lega ad un sottile filo di Arianna la vicenda della rimozione e smaltimento della Costa Concordia al futuro della Lucchini e del porto di Piombino (leggi). Non è un mistero che gli appetiti che si sono svegliati sul business dello smaltimento del relitto della nave ammiraglia della Costa Crociere naufragata davanti alle acque di Giglio Porto nel gennaio del 2012, abbiano fatto gola a tante amministrazioni. E alla fine quella che si è scatenata è una vera e propria guerra tra porti proprio nei giorni in cui Governo, Regione Toscana e enti locali sono tutti impegnati a risolvere la questione Piombino con la firma dell’accordo di programma e il tentativo di scongiurare la chiusura dell’altoforno. Sullo sfondo rimane il destino della Concordia con veri e propri schieramenti a fronteggiarsi a colpi di dichiarazioni.
Tra i due litiganti E così se la Toscana fa il tifo per Piombino tutti gli indizi per il momento portano a Genova. Se Costa Concordia, infatti, resterà in Italia il porto che la ospiterà per essere demolita potrebbe essere quello di Genova. Sono stati infatti giorni in cui la politica si è mobilitata per cercare di ‘tirare’ il relitto nel porto amico con il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che ha rilanciato Civitavecchia, sostenuto dall’esponente del Pd Goffredo Bettini, e chi invece come Aldo Di Biagio sostiene Piombino assieme alcuni consiglieri regionali della Toscana di Fratelli d’Italia. Non ultimo anche l’appello del vice ministro delle infrastrutture Riccardo Nencini che, facendo sponda al Governatore della Regione Toscana Enrico Rossi, ha sottolineato come «Piombino sia il porto più vicino all’isola del Giglio – per trasportare il relitto della Concordia si impiegherebbe una sola giornata – e lì si è già avviata una importante opera di ammodernamento che poterebbe renderlo adeguato ad ospitare la nave e procedere allo smaltimento». Ma gli elementi che emergono fanno intuire che il porto potrebbe essere quello della città della Lanterna.
Oltre al danno la beffa Per Piombino, salvo interventi del Governo dell’ultima ora, al danno si aggiungerebbe la beffa. Soprattutto se vincerà la linea del ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti che vuole lo smaltimento in Italia. In una riunione del 19 marzo il ministro avrebbe affermato di aver scongiurato un primo rischio e cioè il trasferimento del relitto in Turchia, in un porto vicino a Smirne. Questa idea sarebbe stata accettata da Costa, ma a due condizioni che il porto di destinazione e i tempi di rimozioni fossero scelti dalla compagnia. Il ministero si sarebbe detto d’accordo. Tra le due parti il club di assicurazioni che copre Costa che ha fissato il tetto per la copertura delle spese di demolizione a 100 milioni e che spinge per la destinazione turca: costo 40 milioni. A Civitavecchia il progetto di smantellamento è stimato in 200 milioni, Zingaretti dice che «i motivi economici sono superabili», a Piombino in 110 milioni e c’e’ l’incognita bacino che potrebbe essere superato se il piano di trasferimento dovesse slittare a settembre, a Genova è inferiore a 100 milioni. Anche alla luce di questo se prevarrà la destinazione italiana, è facile pensare che la Concordia arrivi a Genova dove, come afferma la Confindustria locale ci sono anche professionalità e competenze. Contro Genova c’è il viaggio, 5 giorni, ma non pare un problema se il rigalleggiamento dovesse avvenire senza problemi. A Genova i cantieri Mariotti e San Giorgio, insieme all’Autorità portuale hanno già redatto nei minimi particolari l’operazione. La Concordia arriverebbe nel porto di Voltri, nel ponente genovese, dove entrerà di prua senza fare manovre. La nave verrà svuotata degli arredi per farla risalire da un pescaggio di 18 metri a quello di 15. Poi lo scafo verrà trainato all’interno del porto verso levante fino all’aerea dell’ex superbacino dove sarà tagliata a fette orizzontali. Circa due anni di lavoro, occupando 300 persone.