15 milioni di euro. È questa la cifra che il Comune di Arezzo spera di ottenere vendendo alcuni dei suoi gioielli da qui alla fine del 2016. Lo storico Palazzo Fossombroni – meraviglioso esempio di architettura sei-settecentesca giunto nelle mani del Comune a metà Novecento – tra un paio di anni non dovrebbe essere più proprietà dell’amministrazione ma del migliore offerente che se lo sarà aggiudicato. La base d’asta al momento è ancora da definire, ma si dovrebbe aggirare sui 3 milioni e mezzo. L’edificio, grande circa 2500 metri quadrati, si affaccia su Piazza San Domenico, una delle zone più belle e tranquille del centro storico aretino. Da anni è in predicato l’ipotesi della sua trasformazione in un resort di lusso, forse di qui al 2016 un coraggioso imprenditore (o meglio un ottimo affarista) si farà avanti. Andrà all’asta, probabilmente nel 2015, anche Palazzo Perelli Marsupini – la ex Banca d’Italia, unico esempio nel cuore medioevale aretino di facciata affrescata in stile liberty – dove al momento hanno sede l’ufficio urbanistica, edilizia e ambiente. Come palazzo Fossombroni, anche Palazzo Perelli con i suoi quasi 4mila metri quadrati potrebbe essere valutato tra i tre e i quattro milioni di euro.
A volte ritornano, ma senza successo Nuova asta per Palazzo Carbonati, lo storico palazzo di via Albergotti. Non è il primo tentativo del Comune, il prezzo è progressivamente sceso ma continua a non tentare gli investitori. La base d’asta è fissata a 2milioni e 570mila euro, resta da capire se la vendita andrà nuovamente deserta. Sì perché nonostante l’indubbio valore estetico e storico di questo e degli altri beni in vendita, gli immobili hanno bisogno di importanti opere di restauro, milionarie in alcuni casi. Quindi se da un lato «c’è necessità di razionalizzare la presenza degli uffici del Comune e dismettere tutto ciò che non è necessario» come sostiene il pro-sindaco Stefano Gasperini, va detto che le alienazioni così come sono state pensate fino ad oggi non hanno portato nemmeno una piccola parte dei risultati sperati. «A questo riguardo – continua Gasperini – stiamo pensando a varie ipotesi come la concessione di valorizzazione e altre soluzioni alternative che possano rappresentare una svolta».
Non solo pezzi di storia all’incanto Nel piano triennale figurano anche terreni e immobili di minor valore ma forse più appetibili. È il caso della ex Circoscrizione Giotto, situata strategicamente nell’omonimo quartiere e con una base d’asta in linea con le quotazioni di mercato. C’è anche la Casa di Monte tra Gragnone e Lignano dove però permangono dei problemi con la Soprintendenza per interventi fatti nel passato. C’è un’area destinata a parcheggio a lato della ex Camera di Commercio, dei fondi in via Concino Concini, uno a Battifolle.
L’area polo digitale 2 e lo zampino della Regione Poi c’è l’area “polo digitale 2” nella zona dell’ex mercato ortofrutticolo che si è trasferito ad Indicatore. Un terreno edificabile valutato 800mila euro ma con una destinazione ben definita: locali dedicati ad imprese che operano nei settori dell’innovazione. Il progetto del “polo digitale 2” è già in fase di sviluppo da diversi anni. L’idea, finanziata per il 50% dalla Regione, ha però subito una brusca frenata a causa del fallimento della ditta che anni addietro si aggiudicò i lavori. Oggi che il progetto ė stato stimato per 3 milioni e 450mila euro, si aprirà una nuova gara con nuove risorse messe a disposizione dalla Regione: quasi 2 milioni. Altri 700mila euro li dovrà trovare il Comune di Arezzo e i restanti 800mila dovranno essere ricavati dalla vendita del lotto 2. Due lotti insomma dedicati alle innovation technologies: “il primo lotto sarà interamente dedicato alle imprese che operano nel settore della innovazione tecnologica e potranno usufruire di un affitto agevolato – precisano in Comune. Il lotto 2 ospiterà spazi che il costruttore potrà vendere o affittare, ma sempre a realtà imprenditoriali che abbiano un forte legame tematico con l’area nel suo complesso. Insomma i soldi servono e i beni ci sono, mancano come dappertutto gli investitori. E vendere in tempi di crisi non sembra una buona idea.