Mucca pazza, aviaria, suina. Da anni conviviamo con malattie che prima di aggredire l’uomo, trovano ambienti ideali negli animali. Un fenomeno che anche quest’anno obbliga a dover fare i conti con il virus che lo scorso anno è salito alla ribalta mondiale, tanto da indurre l’Oms (Organizzazione Mondiale della sanità) a dichiarare il livello di allerta pandemico: il virus H1N1, meglio conosciuto come ”influenza suina”, perché isolato per la prima volta nei maiali. Emanuele Montomoli, professore associato di Igiene dell’Università di Siena(VIDEO), ci parla di questo passaggio di virus dagli animali all’uomo e spiega cosa si può fare per contenere e evitare malattie e pandemie.


Il virus dell’influenza, a differenza di tanti altri che si trasmettono sempre per via aerea come quello del morbillo, della varicella e della rosolia, ha come serbatoio non solo l’uomo, ma vive anche su molte specie animali come i volatili, i maiali, i cavalli, i delfini e le balene. Quindi avendo questo grande numero di serbatoi, i virus sono in grado di ricombinarsi. Può capitare a volte che un virus suino si ricombini con uno aviario e generi una nuova chimera virale in grado di infettare l’uomo. In questo caso avremo un virus completamente nuovo che non darà la classica epidemia stagionale ma un picco pandemico come è successo con la Spagnola, l’Asiatica e la Hong Kong”


Maggiori controlli negli allevamenti possono essere utili ad evitare pandemie, o queste malattie per l’uomo sono inevitabili?
“Assolutamente sì. I controlli sono molti utili. Lo dimostra il fatto che nel 1913, quando i controlli negli allevamenti non venivano fatti, la Spagnola ha fatto il giro del mondo in un anno e senza gli aerei che collegavano i continenti. Quando sono stati introdotti maggiori e migliori controlli negli allevamenti e misure restrittive sugli animali, i primi virus aviari (H5N1) sono stati isolati (nel 1997) senza mai causare una pandemia”.


Susanna Danisi – Siena


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