Di santa ragione. Non se le danno ma se le dicono. Nel Pd toscano è ormai guerra aperta, è un tutti contro tutti cui francamente non eravamo abituati. Al tempo del centralismo democratico del Pci o a quello delle correnti democristiane, le questioni interne al partito rimanevano, appunto, interne. Oggi, invece, tra dirigenti democratici volano stracci tramite interviste, articoli, post, cinguettii, lettere. E tutti se le dicono di “santa ragione”.
Firenze e Sesto senza stima né fiducia Ultimo in ordine di tempo è lo scontro tra Gianni Gianassi, sindaco Pd di Sesto Fiorentino, e Enrico Rossi, presidente della Regione. Il primo ha rifiutato la poltrona di presidente dell’Autorità idrica della Toscana (un nuovo organismo, sigh) e lo ha motivato in una lettera agli altri sindaci dell’area dicendo che di avere «un conflitto aspro» con il presidente, al quale rimprovera metodi «antidemocratici, arroganti e irrispettosi». E poi, il colpo di grazia, «di Rossi non ho né stima né fiducia». Oggi la replica di Enrico Rossi che prova a smorzare lo scontro. «Rispetto a certe cose bene non ci si resta bene», ha detto rispondendo alle domande dei giornalisti. Alla domanda se fosse sua intenzione replicare, il presidente della Regione ha preferito non rispondere. E nel suo profilo Facebook non compare nessun post sull’accaduto. Pochi giorni fa anche il presidente della Provincia di Grosseto, Leonardo Marras, in un'intervista a Il Tirreno aveva avuto parole dure con lo stesso Rossi in merito all'abolizione degli enti. «A volte il presidente fa troppo da solo e i toscani, questo, non lo gradiscono», aveva detto. Ieri Gianassi ha parlato di arroganza e metodi antidemocratici. Qualche movimento nel partito c'è. E in viale Cavour non possono non tenerne conto.
Siena e le poltrone volate Ma lo scontro tra gli uomini del Pd coinvolge anche altri. Sono celebri e continue (e talvolta stucchevoli) le battute tramite Social Network tra Enrico Rossi e Matteo Renzi che trovano il modo di pizzicarsi su tutto o quasi. Lo scontro ha raggiuntola la tensione massima a Siena el maggio scorso. Qui il sindaco Franco Ceccuzzi (ex Ds) si è dimesso perché una parte dei suoi consiglieri (di provenienza ex Margherita) non hanno voluto votare il bilancio. E sono volati stracci (leggi) e, appunto, poltrone (per adesso quella del sindaco). È stata poi chiesta la poltrona di Alberto Monaci (attualmente presidente del Consiglio della Regione Toscana) e di Gabriello Mancini (presidente della Fondazione Mps) (leggi) ma per adesso entrambi sono ancora lì. Mentre i consiglieri «dissidenti» sono stati sospesi dal Partito (leggi). E lo scontro continua.
Poggibonsi a colpi di mozioni Documento di sfiducia al segretario Toni aspri e da santa Inquisizione anche a Poggibonsi dove volano mozioni e sospensioni. Qui è in atto uno «scontro interno senza precedenti» dentro il partito che oggi è spaccato a metà. Il segretario Gabriele Rizzo (della mozione Franceschini) ha ricevuto una mozione di sfiducia firmato tra gli altri anche dal sindaco Lucia Coccheri (ex Ds). «Si vuole ribaltare l’esito dei risultati ottenuti dalla mozione Franceschini – denuncia Area Democratica -. Si è cercato di ostacolare un percorso di costruzione, non si è voluto riconoscer l’esito del risultato elettorale». Insomma, guerra aperta anche in Valdelsa.
Insomma, in ogni area della Toscana il partito di Pierluigi Bersani e Rosy Bindi comincia a evidenziare malumori e malesseri sempre più evidenti. Fino a quando durerà questa quasi «guerra di religione» a colpi di mozioni di sfiducia e sospensioni? E, soprattuto, può un partito che era nato per unire anime e culture politiche diverse (a proposito, quella socialista appare ormai del tutto scomparsa dalla scena democratica) continuare a colpi di «sante ragioni»? Usque tandem?