ISOLA D’ELBA – Partita la vendemmia in Toscana dove si prevede un calo medio della raccolta di uva del 20% ma fortunatamente senza contraccolpi sulla qualità, sul carattere e l’eleganza dell’annata 2023.

A pesare sul vigneto regionale è stata l’esplosione, a macchia di leopardo e con differenze sostanziali tra le zone interne e di costa e tra biologico e convenzionale, della peronospora, malattia che ha costretto i viticoltori ad uno sforzo eccezionale per salvare la produzione. Confermata la tendenza alla vendemmia “precoce” con le uve da spumanti Pinot e Chardonnay, le prime ad essere staccate, in una “danza” che prosegue tra i filari con Ciliegiolo, Merlot, Trebbiano e Vermentino, per proseguire con Sangiovese e Cabernet sauvignon, ultimo vitigno ad essere raccolto tra la fine di settembre ed ottobre. A fornire una prima cauta stima sono Coldiretti Toscana e Vigneto Toscana in occasione dell’avvio della raccolta delle uve di pinot nero alla Tenuta Montefabbrello di Portoferraio, all’Isola d’Elba. “A livello quantitativo l’aspettativa è in calo dovuto soprattutto all’andamento climatico non favorevole, con tanta pioggia in primavera che ha favorito lo sviluppo di importanti fitopatie che hanno creato difficoltà di maturazione e fatto aumentare i costi delle pratiche agronomiche indispensabili per non perdere livello significativi di produzione. La determinazione e la competenze degli agricoltori, aiutati anche dalla scienza e della ricerca, è stata determinante. Il calo medio regionale che stimiamo è del 20%. – spiega Letizia Cesani, Presidente di Coldiretti Toscana e Vigneto Toscana – A livello qualitativo invece, l’abbassamento delle temperature notturne di queste settimane ci regalerà vini aromatici, fini e molto eleganti. Le use sono belle ed in salute, non hanno subito, come accaduto lo scorso anno, alcun stress idrico. Davanti abbiamo ancora giorni cruciali per monitorare l’evoluzione delle uve: l’annata è molto promettente nonostante sia stata fino a qui molto complessa”.

Una stagione, quella del vino che verrà e più in generale dell’agricoltura regionale, bersagliata dalle pesanti ripercussioni dei cambiamenti climatici con gelate tardive in primavera e abbondantissime precipitazioni a maggio e giugno che hanno contribuito alla diffusione di numerose fitopatie e all’esplosione dei frutti, grandinate improvvise e violente, trombe d’aria e colpi di calore che hanno creato più di una difficoltà alle imprese agricole. Per difendere il grappolo dall’attacco della peronospora che ha trovato le condizioni ideali per proliferare e “contagiare” i vigneti, gli agricoltori hanno dovuto far ricorso a numerosi trattamenti agronomici con un enorme dispendio di risorse umane ed economiche. Imprese che devono fare anche quest’anno i conti con la crescita dei costi, da quello del vetro cavo per le bottiglie che fa registrare un aumento che ha raggiunto il +54% negli ultimi due anni, a quello dei carburanti per il funzionamento di trattori e mezzi agricoli.

Ma non ci sono solo i fattori climatici a minacciare la viticoltura regionale. Cinghiali e caprioli, entrano ormai senza alcun timore nelle vigne per banchettare con l’uva dei viticoltori, una delle leccornie preferite dagli ungulati secondo una recente classifica stilata da Coldiretti Toscana. In dieci anni i danni alle coltivazioni denunciati dagli agricoltori hanno raggiunto i 20 milioni di euro (quasi 1,7 milioni nel solo 2021) ed una buona fetta sono riconducibili proprio alle viti. Una invasione che contribuisce allo spopolamento delle aree più marginali dove fare agricoltura non è solo più complicato ma anche meno remunerativo.