La letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.
Tanta pioggia questa estate e freddi incredibili nella primavera che l’ha preceduta. Ergo: brutte notizie per il vino italiano. La vendemmia 2014 si annuncia, infatti, di una scarsità che fa ricordare la penuria d’uve del 1950. Pur con la mestizia della infelice annata, speriamo che qualche calice possa ugualmente levarsi. Proveremo a farlo accompagnandoci con i versi del “Bacco in Toscana” di Francesco Redi (1626-1697), lo scienziato-poeta che apprezzava il vino al pari della poesia schietta e immaginosa.
Dell’Indico Orïente
Domator glorïoso, il Dio del Vino
Fermato avea l’allegro suo soggiorno
Ai colli Etruschi intorno;
E colà dove imperïal palagio
L’augusta fronte in vêr le nubi innalza,
Su verdeggiante prato
Con la vaga Arïanna un dì sedea,
E bevendo e cantando
Al bell’idolo suo così dicea:
Se dell’uve il sangue amabile
Non rinfranca ognor le vene,
Questa vita è troppo labile,
Troppo breve e sempre in pene.
Sì bel sangue è un raggio acceso
Di quel Sol che in ciel vedete;
E rimase avvinto e preso
Di più grappoli alla rete.
Su su dunque in questo sangue
Rinnoviam l’arterie e i musculi;
E per chi s’invecchia e langue
Prepariam vetri maiusculi:
Ed in festa baldanzosa
Tra gli scherzi e tra le risa
Lasciam pur, lasciam passare
Lui, che in numeri e in misure
Si ravvolge e si consuma,
E quaggiù Tempo si chiama;
E bevendo, e ribevendo
I pensier mandiamo in bando.
[…]
[Francesco Redi, da Bacco in Toscana]