La letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.
Gli amanti di ciclismo stanno seguendo le imprese del Tour de France. Solo qualche giorno fa si è celebrato il mitico Gino Bartali nel centenario della nascita. Resiste il fascino della bicicletta e dell’immaginario che vi è collegato.
Marc Augé, l’antropologo francese studioso dei non-luoghi (ovverosia di quegli spazi anonimi e stereotipati, privi di storicità e frequentati da persone freneticamente in transito e non in relazione tra loro) ha scritto – da appassionato della bici – un pamphlet intitolato Il bello della bicicletta. Vi si legge che fu nel clima di devastazione e speranza, di distruzione e rinascita dell’immediato dopoguerra che si impose il mito contemporaneo della bicicletta, un mito oggi forse maturo per trasformarsi in utopia ecologista e democratica. Augé parla di un “nuovo umanesimo dei ciclisti”, che annulla le differenze di classe, induce all’uguaglianza, riconduce l’esistenza nelle nostre città a tempi e ritmi più sostenibili, trasforma le vie urbane in spazi da scoprire con la cadenza regolare della pedalata e riapre così le porte, in ultima analisi, al sogno e all’avvenire.
Credo che la bicicletta è mitica per diversi aspetti. Rinvia al nostro passato mitico perché siamo tutti andati in bicicletta da adolescenti; è mitica perché è associata a grandi eventi sportivi avvenuti nel tempo e che hanno mosso l’attenzione di popoli interi; è epica perché ha visto affrontarsi campioni in duelli che erano appassionanti almeno quanto le storie dell’Iliade.
La bicicletta è un mito radicato, come tutti i miti nella esperienza quotidiana di ciascuno, perché permette di riallacciare con il passato e l’ideale.
Poi c’è un aspetto più concreto che è quello di riscoprire le dimensioni di spazio e tempo. Non è la stessa cosa attraversare la città con un mezzo pubblico, in macchina o in bicicletta: in tutti i casi si va più veloci che a piedi ma con la bicicletta si ricreano degli itinerari diversi, ovvero si reinventano i propri percorsi… su questo piano c’è un parallelismo possibile tra il ciclismo e la scrittura ed è molto importante di questi tempi di riscoperta delle grandi dimensioni simboliche di spazio e tempo che cambia.
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La bicicletta è quindi mitica, epica e utopica. […] E’ al centro di racconti che richiamano in vita la storia individuale insieme ai miti condivisi della collettività; sono due forme di passato solidali, capaci di conferire un accento epico ai ricordi personali più modesti. Come sempre, il futuro si nutre di una consapevolezza chiara del passato. La bicicletta diventa così simbolo di un futuro ecologico per la città di domani e di un’utopia urbana in grado di riconciliare la società con se stessa.
[Marc Augé, da Il bello della bicicletta, 2009]