La letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.
La poetessa danese Inger Christensen (1935-2009) è nota nella cerchia degli addetti ai lavori; quasi per niente al grande pubblico (ammesso che le poche migliaia di persone che leggono poesia possano comunque considerarsi ‘grande pubblico’). Nei suoi versi – tanto ispirati quanto formalmente rigorosi – il mondo è visto e interpretato attraverso la natura. Di recente è stata pubblicata in Italia (Donzelli Editore) la raccolta “La valle delle farfalle”. Una riflessione lirica su morte e rinascita, sulla fragilità dell’esistenza non a caso paragonata alla bellezza e precarietà delle farfalle.
Salgono le farfalle del pianeta
come pigmento dal calor del suolo,
cinabro, ocra, oro e giallo creta,
di chimici elementi emerso stuolo.
E’ questo batter d’ali un’adunata
di particelle di luce in un miraggio?
E’ dell’infanzia l’estate già sognata
rifratta come in differito raggio?
No, è l’angelo di luce che dipinge
se stesso come Apollo e limenite,
come papilio, macaone e sfinge.
Le vedo con la mente mia malsana,
tal piume da piumino d’ala uscite
a Brajčino nell’aria meridiana.
[Inger Christensen, “Salgono, le farfalle dal pianeta” in La valle delle farfalle]