penna-e-calamaioLa letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.

Mi capita spesso di pensare a come il frangente storico che stiamo vivendo potrà essere raccontato fra un secolo sui libri di storia. E’ un tempo – il nostro – di geografie e umanità con/fuse, di moti convulsi, di incerti orizzonti. A volte pare persino bello, visto da certi pertugi che lasciano intravedere il nuovo, l’inedito. Talvolta, invece, scoraggia. Porta a non scendere dalla nave delle nostre sicurezze dalle cui paratie il mondo appare lontano, una realtà solo da immaginare. Come accade a Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, il leggendario “pianista sull’oceano” di Alessandro Baricco, che, quando dopo 32 anni di vita in cui mai aveva abbandonato il transatlantico Virginian, decide finalmente di scendere, si blocca al terzo gradino della scaletta. E torna indietro. Sopraffatto dalla paura di non riuscire a vedere neanche lontanamente una fine nel mondo al di fuori di quella nave.

“Posso rimanere anche anni, qua sopra, ma il mare non mi dirà mai nulla. Io adesso scendo, vivo sulla terra e della terra per anni, divento uno normale, poi un giorno parto, arrivo su una costa qualsiasi, alzo gli occhi e guardo il mare: è lì, io l’ascolterò gridare”.

Scientifico. A me sembrava la cazzata scientifica del secolo. Potevo dirglielo, ma non glielo dissi. Non era così semplice. Il fatto è che io gli volevo bene, a Novecento, e volevo che scendesse un giorno o l’altro, da lì, e suonasse per la gente della terra e sposasse una donna simpatica, e avesse dei figli e insomma tutte le cose della vita, che magari non è immensa, però è anche bella, se solo hai un po’ di fortuna, e di voglia. Insomma, quella del mare mi sembrava una vera boiata, però se riusciva a portare Novecento giù da lì, per me andava bene. Così alla fine pensai che era meglio così. Gli dissi che il suo ragionamento non faceva una piega. E che ero contento, davvero. E che gli avrei regalato il mio cappotto di cammello, avrebbe fatto un figurone, scendendo giù dalla scaletta, col cappotto cammello. Lui era anche un po’ commosso.

“Però mi verrai a trovare, no?, sulla terra…”.

Dio, c’avevo un sasso qui, in gola, come un sasso, mi faceva morire se faceva così, io detesto gli addii, mi misi a ridere meglio che potevo, una cosa penosa, e dissi che certo sarei andato a trovarlo e avremmo fatto correre il suo cane per i campi, e sua moglie avrebbe cucinato il tacchino, e non so che altra stronzata, e lui rideva, e anch’io, ma dentro sapevamo tutt’e due che la verità era un’altra, la verità era che stava per finire tutto, e non c’era niente da fare, doveva succedere e adesso stava succedendo: Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento sarebbe sceso dal Virginian, nel porto di New York, un giorno di febbraio. Dopo trentadue anni vissuti sul mare, sarebbe sceso a terra, per vedere il mare.

Fu al terzo gradino che si fermò. Di colpo.

“Che è?, ha pestato una merda?,” disse Neil O’Connor, che era un irlandese che capiva mai un cazzo, però non c’era verso di togliergli il buon umore, mai.

“Avrà dimenticato qualcosa,” dissi io.

“Cosa?”

“E che ne so cosa…”

“Forse s’è dimenticato perché sta scendendo.”

“Non dire fesserie.”

E intanto lui là, fermo, con un piede sul secondo gradino e uno sul terzo. Se ne rimase così per un tempo eterno. Guardava davanti a sé, sembrava che cercasse qualcosa. E alla fine fece una cosa strana. Si tolse il cappello, allungò la mano oltre il mancorrente della scaletta e lo lasciò cadere giù. Sembrava un uccello stanco, o una frittata blu, con le ali. Fece un paio di curve nell’aria e cadde in mare. Galleggiava. Evidentemente era un uccello, non una frittata. Quando rialzammo gli occhi verso la scaletta, vedemmo Novecento, nel suo cappotto cammello, nel mio cappotto cammello, che risaliva quei due gradini, con le spalle al mondo e uno strano sorriso in faccia. Due passi, e sparì dentro la nave.

 

[da Novecento di Alessandro Baricco]