La letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.
In principio fu la rivoluzione industriale e quindi l’economia: di mercato, pianificata, mista, a sostegno di produzione e occupazione, dei padroni e degli operai, del benessere e del consumismo. Poi quella globale, sempre più imprendibile, volatizzata in finanza, in preda alle quotidiane convulsioni della Borsa. E sempre più ingiusta. Al punto che un papa si vede costretto a dire che “questa economia uccide”.
Rileggo un sonetto di Giovanni Raboni, che, con ineccepibile forma letteraria e tensione etica, rivolge parole irrecusabili. Bastasse a mitigare lo sdegno, l’amarezza.
Che in tutto fra tutte suprema sia
la legge del mercato, che a lei deva
subordinarsi restando utopia
per sempre tutto quello che solleva
l’uomo da se stesso sembra alla mia
mente quasi incredibile. Ma alleva
menti per crederci l’economia
trionfante, fa che ciascuna s’imbeva
di quel credo miserabile e creda
a esso fieramente come al più santo
vangelo; e non ha scampo chi rimpianto
dell’altro s’ostina finché non ceda
di schianto il cuore a provare e di noia
trema dove per altri è ottusa gioia.
[Giovanni Raboni, da Altri sonetti]