La letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano
L’orgoglio italico quest’anno ha un bel daffare. Dante Alighieri, il padre della nostra lingua (in verità piuttosto male utilizzata) compie 750 anni. Il Sommo può vantare ancora una gran bella ‘modernità’: nei temi che egli affronta, nei mezzi espressivi che piegano il linguaggio a situazioni e concetti i più diversi, creando audaci neologismi, utilizzando forme dialettali, latinismi, la lingua infima e il sublime.
Quanto alla sua attualità e dovendo scegliere qualche verso per il nostro appuntamento settimanale, abbiamo deciso di giocar facile. Con la citazione del canto VI del Purgatorio, quando il Poeta, stuzzicato dall’incontro con Sordello da Goito si lascia andare allo sfogo nei confronti di un’Italia in balìa di se stessa.
A volerla buttare proprio in trita attualità, speriamo che un altro (assai più modesto) fiorentino aiuti in qualche modo a ritrovare la rotta della “nave sanza nocchiere”, anche perché ci siamo sopra noi tutti.
«Mantua…», e l’ombra, tutta in sé romita,
surse ver’ lui del loco ove pria stava,
dicendo: «O Mantoano, io son Sordello
de la tua terra!»; e l’un l’altro abbracciava.
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode.
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustiniano, se la sella è vota?
(Dante Alighieri, Purgatorio, Canto VI, vv. 72-87)