penna-e-calamaioLa letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.

Sono trascorsi sei anni dal drammatico terremoto che colpì l’Aquila. E’ tutt’oggi una città fantasma, poco o niente si è fatto per la sua ricostruzione. Pare una delle “città invisibili” che la fantasia di Italo Calvino descrisse incrociando visioni reali di città, scomponendole, trasferendole in una dimensione onirica. Città simboliche, surreali. Qualcosa che ha a che fare con gli archetipi del nostro vivere e convivere.

Ciò che fa Argia diversa dalle altre città è che invece d’aria ha terra. Le vie sono completamente interrate, le stanze sono piene d’argilla fino al soffitto, sulle scale si posa un’altra scala in negativo, sopra i tetti delle case gravano strati di terreno roccioso come cieli con le nuvole. Se gli abitanti possono girare per la città allargando i cunicoli dei vermi e le fessure in cui s’insinuano le radici, non lo sappiamo: l’umidità sfascia i corpi e lascia loro poche forze; conviene che restino fermi e distesi, tanto è buio.

Di Argia, da qua sopra, non si vede nulla; c’è chi dice: “è là sotto” e non resta che crederci; i luoghi sono deserti. Di notte, accostando l’orecchio al suolo, alle volte si sente una porta che sbatte.

 

[da “Le città e i morti. 4.” in Le città invisibili di Italo Calvino]