Dieci frasi che lasciano un segno profondo. E’ una sorta di nuovo rivoluzionario Decalogo, quello che emerge dai discorsi di stamani di Papa Francesco a Firenze, davanti al Convegno Ecclesiale Nazionale, e a Prato, dal pulpito di Donatello, rivolto ai pratesi in Piazza Duomo. Messaggi forti quelli che Papa Francesco ha voluto lanciare dalla Toscana: da Prato, l’esortazione universale ad abbattere i muri, l’invito a creare patti di prossimità, a rifuggire lo sfruttamento e l’illegalità che provocano morti come i sette cinesi del rogo di via Toscana, che Papa Francesco ha voluto ricordare. Davanti al Convegno Ecclesiale Nazionale, alla prima uscita dopo gli arresti dei “corvi” in Vaticano, nel bel mezzo della sfida che Papa Francesco ha lanciato ai privilegi della Curia, ai potentati di molti Cardinali, agli intrallazzi dello Ior, ai giochi di potere di stampo vaticano che hanno inciso e incidono anche nelle vicende del nostro Paese, Papa Francesco ha voluto rilanciare forte il suo messaggio. E in dieci frasi ha riscritto un Decalogo dei nostri tempi. Rivoluzionario, affascinante e determinato più di ogni altra interpretazione politica, i cui artefici, di fronte ad un gigante come Papa Francesco, appaiono meno che che lillipuziani. Ecco le dieci frasi più significative di questa giornata toscana storica.
1. «Nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare. La nostra fede è rivoluzionaria»
2. «Che Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro.La Chiesa sia vicina ai poveri. La povertà evangelica è creativa, sostiene ed è ricca di speranza».
3. « Voglio una Chiesa che presenti questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti».
4. «Davanti ai mali o ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacità di essere significative. La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, animare».
5. «Non dobbiamo essere ossessionati dal potere. La Chiesa italiana si lasci portare dal suo soffio potente e per questo, a volte, inquietante. Assuma sempre lo spirito dei suoi grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto e non spaventati dalle frontiere e delle tempeste. Sia una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa. E, incontrando la gente lungo le sue strade, assuma il proposito di san Paolo: «Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno».
6. Bello poi il riferimento a Don Camillo e Peppone: «Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: «Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro». Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte».
7. «La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità. Del resto, le nostre stesse formulazioni di fede sono frutto di un dialogo e di un incontro tra culture, comunità e istanze differenti. Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia».
8. «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà. Siate creativi nell’esprimere quel genio che i vostri grandi, da Dante a Michelangelo, hanno espresso in maniera ineguagliabile. Credete al genio del cristianesimo italiano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo di questo straordinario Paese».
9. «Non rassegnatevi davanti a quelle che sembrano difficili situazioni di convivenza; siate sempre animati dal desiderio di stabilire dei veri e propri ‘patti di prossimità, ecco, prossimità, avvicinarsi per essere prossimi».
10. «Mi permetto qui di ricordare i 5 uomini e due donne di cittadinanza cinese morti due anni fa a causa di un incendio nella zona industriale di Prato, vivevano e dormivano all’interno dello stesso capannone in cui lavoravano, in una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio di cartone e cartongesso, è una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni disumane di vita e questo non è lavoro degno. La vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione e il veleno dell’illegalità».