E’ notizia di qualche settimana fa. Rischia di chiudere anche la graziosa libreria londinese diventata celebre per avere ospitato alcune scene del film Notting Hill. A nulla sembra valere il ricordo di Julia Roberts che tra quegli scaffali insinuò la sua bellezza e una rassicurante storia d’amore con poco sesso ma tanto frizzante romanticismo. E non date la colpa al timido libraio William (ovviamente stiamo parlando della finzione cinematografica) se anche quella porta che ad ogni spinta muoveva un campanello d’altri tempi, sarà obbligata a serrare il proprio ingresso (e questa è realtà). La colpa è della crisi che, come si sa, ha costretto gli innamorati dei libri a doversene disamorare, pena il rischio del default, famigliare in tal caso.
Lasciamo pure Notting Hill e (a malincuore, se ci è concesso) Julia Roberts. Usciamo insomma di metafora per dire che i numeri che leggiamo a proposito del mercato dei libri variano a seconda delle analisi e dei segmenti di mercato che di volta in volta vengono presi in considerazione. Ma il calo complessivo delle vendite è innegabile.
In tale situazione, ammirevole è la tenacia di chi gestisce certe librerie indipendenti e quella dei piccoli-medi editori che spesso si contraddistinguono per qualità di contenuti, raffinatezza, lungimiranza. Non meno lodevole è l’editoria erroneamente detta ‘di provincia’, la quale privilegia – è vero – l’ambito locale, ma che, così facendo, arricchisce e continua a dare voce al racconto di micro-universi che, altrimenti, andrebbero perduti nel chiasso della globalizzazione. E’ questa una editoria di storie, di memorie, di dettagli, di enclave geografici e culturali, dove persone, cose e giorni narrano la vicenda umana vista ‘da qui’. Perché un cannocchiale è talvolta utile anche nel suo rovescio. Più è lontana la prospettiva e maggiormente si allarga la postazione da cui si scruta.
Qualcuno ricorderà alcuni tipografi-editori che tenevano bottega nella vecchia Siena, dentro labirintici antri, saturi dell’inconfondibile odore di stampa. V’era il crogiolo delle linotype con le loro cascatelle di piombo, il tenace stantuffo delle macchine, il miracolo della carta che dall’anonimato del bianco acquistava l’autorevolezza della parola impressa, indelebile. Là prendevano forma anche libri che aggiungevano storia a storia, pensieri a sentimenti, notizie a curiosità. Era uno dei modi – Borges l’avrebbe detto molto bene – per ribadire che la storia universale è comunque una sola piccola storia. Talvolta un piccolo libro.