sede-mps-sienaIl Monte dei Paschi di Siena ha pagato per cassa al Ministero dell’Economia e della Finanze i 45,9 milioni di euro di interessi sui Monti bond. Un pagamento avvenuto “cash” e non tramite azioni, come avvenuto un anno fa, portando alla conseguenza primaria di un mantenimento stabile del Mef nell’azionariato della banca. E’ stata la stessa banca a renderlo noto specificando che «diversamente da quanto dalla stessa ritenuto, il Ministero dell’Economia e della Finanze (“MEF”) ha informato la Banca – ai sensi di quanto previsto nel decreto legge del 6 luglio 2012 n. 95 – di provvedere alla prevista scadenza del 1° luglio 2016 al pagamento in forma monetaria degli interessi, pari ad Euro 45.994.309, relativi all’esercizio finanziario 2015 maturati sui Nuovi Strumenti Finanziari riscattati lo scorso 15 giugno 2015». «Tale pagamento non avrà alcun effetto sui livelli di patrimonializzazione della Banca» ha aggiunto Rocca Salimbeni.

Niente 7% Risale allo scorso marzo il momento in cui la banca, attraverso il suo Ad Fabrizio Viola, ha lanciato il primo segnale al Mef per sondare la possibilità di rimborsare anche l’ultima tranche d’interessi sui Monti bond con azioni, come avvenuto un anno fa. Lo scorso luglio infatti, il Tesoro, era entrato in possesso del 4% della banca per effetto di un aumento di capitale a servizio del pagamento degli interessi per un controvalore di 240 milioni. Se il Tesoro avesse accettato anche questa volta, come confermato a maggio dal vice ministro delle finanze Enrico Morandola, la partecipazione sarebbe salita intorno al 7%.

Persi 200 milioni Tuttavia, la mossa di convertire gli interessi in azioni non si è rivelata redditizia per il Tesoro e, forse, la vera ragione del suo ‘no’ all’ultimo minuto potrebbe trovare un fondamento anche in questo aspetto. Un anno fa, come detto, quel 4% valeva 240 milioni, oggi in Borsa invece vale poco più di 40 milioni. Insomma, una minusvalenza di ben 200 milioni, dovuta al tracollo in Borsa del titolo che negli ultimi 365 giorni ha perso quasi il 70% del proprio valore. L’altra ragione del dietrofront del Mef è contenuto nelle more del contratto sottoscritto nel 2013 al momento dell’emissione dei Monti bond. L’accordo prevedeva infatti che il Monte potesse pagare gli interessi in contanti o in azioni soltanto in caso di bilancio in perdita. Quest’anno la banca ha chiuso l’esercizio in utile grazie all’effetto contabile positivo derivante dalla chiusura del derivato Alexandria e questo obbligava l’istituto a pagare cash. Va ricordato che dallo scorso giugno Mps non possiede più strumenti sottoscritti dal Mef, ovvero dal pagamento dell’ultima tranche da 1,11 miliardi. Questo rimborso seguiva il precedente da 3 miliardi del luglio 2014, quando la banca aveva avviato in anticipo, rispetto alla scadenza del 2017, la restituzione dei 4 miliardi di aiuti di Stato ricevuti.