Se scoppia una guerra, io mi arruolo nellesercito di Mancini. Ve lo dico subito, a costo di passare per politically scorrect (oh, yes). E, di conseguenza, mi lancerò con la baionetta contro le truppe di Antonio Conte. Perché questa logica del così fan tutti mi ha stancato: e più che mai nel football, dove certe regole sono immutabili e finiscono per accrescere il fascino del gioco e della sua tradizione.
Prendete il Belgio: da PreudHomme a Courtois ballano una ventina danni di stenti. O l’Olanda, che non è più niente dal ‘78 fino allavvento di Gullit, Van Basten eccetera. Ma questo è il bello del calcio, e soprattutto il bello delle Nazionali. Che non sono squadre di Club, e di conseguenza debbono servire il pranzo con quello che hanno in cucina: se sono riusciti a trovare il tartufo, bene. Se ci sono ravanelli e peperoni, pazienza. L’effettiva eccellenza di un movimento si misura proprio in quanti tartufi riesci a tirar fuori, ma evidentemente le scorciatoie piacciono. Queste Nazionali ridotte ad essere ormai fredde rappresentative del proprio massimo campionato, e non più la qualità calcistica effettiva di un intero paese, la trovo orribile. E una logica che alla lunga finirà per disamorare il pubblico: il capocannoniere della Premier League è un giovanotto disponibile? Bene, facciamolo inglese da domani mattina! Dybala è su piazza? E allora cosa aspettiamo ad arruolarlo?
Non so voi, ma provo una certa tristezza: la logica sarebbe quella di curare come Cristo comanda i propri vivai, allevare i Verratti, i Rugani, i Romagnoli, e centellinare gli arrivi di inutili argentini, di folkloristici ghanesi, di improbabili brasiliani ai quali scovare subito una lontana nonna portoghese per eludere le norme sugli extracomunitari. Ma così va il mondo, e se un Sacchi qualsiasi prova ad eccepire qualcosa, ecco pronta laccusa di razzismo (che ormai non si nega più a nessuno).
Forse ha ragione Sconcerti quando afferma che c’è penuria di grandi giocatori: esclusi quei tre, quattro che fanno la differenza (Messi, Cristiano, Ibra . Chi altri?) non c’è tutto sto granchè. L’Italia, quindici anni fa, poteva lanciare in aria la maglia numero dieci e vedere chi la raccoglieva tra Baggio, Del Piero, Totti, Mancini e Zola. L’Inghilterra non ha un campione che sia uno, la Spagna mi sembra in calo, l’Argentina ha portieri e difensori da operetta, il Brasile Mah ! Rimane la Francia (ma che Pogba venga valutato 90 milioni mi sembra un po troppo) e naturalmente la Germania, che sembra di un altro pianeta pur avendo grandi giocatori ma non fuoriclasse assoluti (Neuer a parte).
Ci siamo ridotti, insomma, a cercare il tartufo tra gli scaffali del supermercato. Con il risultato di mettere nel carrello campioni epocali come Ledesma e Paletta, Schelotto e Amauri: adesso ne hanno imbarcati altri tre o quattro, nella speranza (vana, purtroppo) che arrivino la mezz’ala dal Palermo o l’ala sinistra della Samp e ci evitino lo strazio visto con i Croati.
Antonio Conte ha allargato le braccia: «Dovè il problema? Così fan tutti».
E’ quel «così fan tutti» che mi stona.
Ma forse sono io ad essere fuori moda . Non per niente, il mio club ideale è l’Atletico Bilbao.