SIENA – L’Ucraina è sotto attacco e con l’avanzata dell’esercito russo si sono messi in moto una serie di meccanismi geopolitici che allo stato attuale non sono di facile lettura. Una guida ha provato a fornirla Pierangelo Isernia, docente di Scienza Politica dell’università di Siena, intervistato da agenziaimpress.it.
Professore Isernia, che idea si è fatto di quello che sta accadendo in Ucraina?
“La prima perdita in una guerra è la verità. Perciò, non è semplice capire quello che succede. Non è chiaro sino a che punta, se mira a indebolire i gangli del potere o a procedere a un’occupazione stile Cecoslovacchia. E’ necessario attendere le prossime ore e capire cosa Vladimir Putin pretende da questa operazione”.
E’ presumibile che il presidente russo voglia l’annessione dell’Ucraina?
“E’ una possibilità, ma può essere il caso che non sia necessaria una formale annessione. L’esempio è la Bielorussia degli ultimi anni. Quindi, Putin potrebbe volere un governo allineato sulle posizioni della Russia piuttosto che un’annessione in stile Unione Sovietica”.
L’Ucraina ha già avuto un presidente filorusso, che poi è stato rovesciato. Questo cosa ci dice?
“Attenzione però. Si tratta di un Paese che ha grossi problemi e che per tantissimi anni ha fatto parte dell’Unione Sovietica. Molti leader sovietici del passato vengono da là. Bisogna vedere quanto vorrà rivendicare la propria autonomia”.
Per Putin l’attacco è una risposta alla Nato e al fatto l’Ucraina ne possa fare parte. E’ così?
“Gli occidentali hanno promesso un qualcosa, sempre abbastanza vagamente, e poi la situazione è sfuggita di mano. Al termine della Guerra Fredda fu promesso che le repubbliche ex sovietiche non ne avrebbero mai fatto parte. Poi l’atteggiamento è cambiato. Si è parlato addirittura di un ingresso nell’Unione europea. Gli Stati Uniti sono stati defilati, ma senza dire di no. Si sono generate delle aspettative non realistiche”.
Al di là delle sanzioni, crede che sul campo l’Ucraina resterà da sola?
“Bisogna capire se ci sarà una guerra civile o solo un rovesciamento del potere governativo. La risposta degli ucraini sarà determinata dalle mosse di Putin. Ovvero se vorrà limitarsi a un regime amico o se cercherà una repressione più dura. Nel secondo caso è possibile che ci sia un conflitto a bassa intensità più prolungato nel tempo. Non sarebbe razionale neppure per la Russia, vista l’estensione dell’Ucraina. Presumo che si accontenteranno di un governo amico”.
Le sanzioni per ora colpiscono cerchie esterne a Putin. Che effetto ha questo modus operandi?
“Il fatto che si proceda per sanzioni e non con l’intervento militare la dice lunga su qual è l’interesse per l’Ucraina. Detto questo, è presumibile che le sanzioni siano più severe rispetto al passato. Però, è cambiata anche la Russia, che ha impiegato questi anni per prepararsi. Putin ha riaccumulato le riserve di denaro, e questo gli consentirà di affrontare meglio la crisi. In più ha spostato il debito da un settore a un altro, riducendo per esempio le esposizioni con i Paesi che emettono di Stato più remunerativo. Di contro, l’economia russa è comunque in difficoltà”.
Quanto incide il gas in questa guerra?
“Tanto, perché determinerà a breve e medio termine la posizione dell’Europa. Il rischio è che in un periodo più lungo non è semplice riorientare i nostri investimenti da una zona geografica a un’altra, non è immediato. Quindi, conterà molto”.
E’ d’accordo sul fatto che questa guerra è iniziata con il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan?
“Non esistono spiegazioni monocausali. Alcuni osservatori sono convinti che quel conto è quando nel 2024 Putin dovrà decidere che cosa fare riguardo al suo futuro politico. Sicuramente il ritiro è stato uno dei tanti segnali che gli Stati Uniti sono in una posizione più defilata rispetto ai problemi di quella fascia del mondo. Sono più preoccupati della Cina”.
C’è da attendersi che la Cina faccia lo stesso con Taiwan?
“E’ una situazione diversa, perché l’impegno americano è molto più formale. In più, la Cina non è la Russia. Ovvero, la Cina è il vero interlocutore dei prossimi decenni, la Russia non è la priorità”.