Il giorno di Watanka capita a tutti prima o poi. È solo una questione di tempo, ma arriva. Ed è mia convinzione che in una vita capiti anche più di una volta. Watanka in lingua Sioux significa “viaggiatore coraggioso, guerriero” e dove ho trovato la traduzione ho trovato anche cosa rappresenta Watanka rispetto all’esistenza. Lo so, “Watanka” suona tanto simile a Tatanka, che chi ha visto il film “Balla coi lupi” sa già che vuol dire “bisonte”, ma non c’entra niente.
Giorni fa sono entrata nel bar dell’ospedale, ce n’è uno davanti o dentro o accanto a ogni policlinico che si rispetti, e sono rimasta colpita per l’offerta di bruschette dall’aspetto invitante, la selezione di succhi di frutta organici, i panini fatti espresso con le verdure, ordinatamente disposti accanto ai classici super farciti con prosciutto e mozzarella o tonno e pomodoro. È vero che con un classico difficilmente si sbaglia, ma l’idea di trovare una vera attenzione all’alternativa del gusto nel bar dell’ospedale era stuzzicante. Ho provatola la bruschetta al pomodoro e basilico con gocce di limone. Ottima. Ho bevuto il succo di melagrana e mela. Delizioso. Ho sfogliato il giornale e poi sono andata a pagare. E alla cassa, WATANKA!
«Quando tutto ti è contro. Quando ciò che accade è più grande di te Quando ti sembra di non potere nulla, allora Watanka Un grido che è liberazione, incoraggiamento Forza nuova per superare il dolore Speranza di potercela fare Speranza per un domani migliore»
Un invito affisso proprio sulla cassa del bar, una scelta di sostegno a chi probabilmente ha di che pensare, ma anche a chi entra per caso in un momento della quotidiana navigazione nel caos.
Un invito che sa di forza e liberazione, di speranza e coraggio. Uno stimolo di cui tutti, oggi, credo abbiamo bisogno. E che mi ha colpito doppiamente perché messo in un locale dove si prepara il cibo con attenzione, passione e creatività. Quello che ci vuole in cucina e nella vita.
LA RICETTA Ci ho pensato un po’ perché trovare un cibo Watanka non è semplice, ha bisogno di potenza e leggerezza, vigore e fluidità, perché deve arrivare subito al dunque, liberare le energie, in questo caso il sapore, con immediatezza. E alla fine ho capito che per me un cibo Watanka è la zuppa di pesce. Non il cacciucco, né il brodetto, ma proprio la zuppa, quella che in oriente, Giappone in testa, viene servita da sola, come un vero piatto. E’ un po’ laboriosa da preparare e la mia versione certo non è ortodossa, però ne vale la pena. Procuratevi pesci e crostacei adatti allo scopo: gallinella, sogliola, rana pescatrice, vongole, cicale di mare, aragostelle, puliteli e metteteli da parte. Prendete una pentola molto capiente e fate imbiondire due cipollotti affettati finemente con olio evo e un cucchiaio di burro, poi aggiungete due o tre pezzetti di zenzero, un mezzo peperoncino fresco, due cucchiai di Bonito flakes e infine tutti i pesci puliti e spezzettati. Fate insaporire per un paio di minuti rigirando delicatamente a fuoco medio aggiungendo un po’ di vino bianco secco se vi sembra troppo asciutto e poi coprite con 1 litro di acqua naturale e lasciate sobbollire per 50 minuti. Fate freddare e filtrate. Rimettere sul fuoco, scaldate il brodo e aggiungete qualche pezzetto di pesce o crostacei a piacere ma freschi (gallinella, rana pescatrice, aragostella, astice) e fate cuocere per 5 minuti. Gustate caldo. Watanka!