Si dicono sempre le solite cose. Come le vecchiette all’ambulatorio, in attesa che arrivi il dottore.
Intanto, trovatemi un posto in tutto l’universo mondo dove l’inno nazionale è fischiato palesemente e orgogliosamente non dai soliti “quattro cialtroni” ma da uno stadio intero, o quasi. E questo è il punto uno.
Poi c’è un punto due, ma lì non ci si può fare niente. Siamo il paese dell’indulto, del decreto svuota carceri, dell’amnistia. Siamo il paese che ha inventato il “Daspo”, che se ci pensate è una gherminella abbastanza comica e surreale: una cosa del tipo vado a messa, massacro di botte il prete, il sacrestano e i chierichetti e il giudice mi condanna a non entrare in chiesa per i prossimi tre anni.
In questi casi si invoca la severità che è propria delle dittature: si sappia ,comunque, che tipi come “Genny ‘a Carogna” con le dittature vanno a nozze: sono i primi che indossano l’orbace, il fez e magari te li ritrovi ministri o gerarchi. Basterebbe quindi una giustizia decente. Che funzioni appena un po’. Ma in Italia quello che in altri Paesi è alla base di qualsiasi logica civile (la giustizia, appunto) viaggia sempre nell’ultimo vagone della terza classe. Probabilmente per una scelta fatta a tavolino. Quindi, o siamo i più furbi o siamo i più coglioni. Tertium non datur.