«Ben venga Maggio e il gonfalon selvaggio ben venga Primavera che vuol l’uom s’innamori» recitava un celebre verso del Poliziano. Quando si parla di canti popolari e tradizionali non si può prescindere dal Cantar Maggio, la celebrazione della primavera, il saluto alla nuova stagione, un rito agreste di fertilità di origini antichissime, senza dubbio collegato al culto latino della dea Maja. Esso era diffusissimo in tutta Italia e in buona parte dell’Europa e si è protratto nel tempo senza effettive soluzioni di continuità, adeguandosi via via alle varie condizioni ambientali, etniche e storiche, fino quasi ai giorni nostri.
Da questo rito sono derivate due forme di usanze: il maggio lirico (o canto di questua o maggiolata) e il maggio drammatico o epico. Il più conosciuto e diffuso è il maggio lirico, ancora praticato in vaste aree della Toscana e non solo, anche se non più con lo stesso valore simbolico di una volta. Una tradizione particolarmente sentita in provincia di Siena a Castiglione d’Orcia e nelle campagne circostanti, ancora oggi viva e dal grande impatto emozionale e culturale. Nella notte tra il 30 aprile ed il primo maggio un gruppo di cantori e suonatori (circa una ventina), gira per i borghi di Castiglione e Rocca d’Orcia e percorre la campagna visitando i poderi, ogni anno diversi, intonando quartine di ottonari che augurano il ritorno della buona stagione, di buoni raccolti e che cantano l’amore e il risveglio della natura. Ogni quartina è seguita da un brano musicale eseguito da una piccola fanfara di strumenti. In cambio i cantori e i suonatori chiamati “maggiaioli” ricevono ospitalità, vino, alimenti e offerte in denaro. Il “giro” si conclude ogni anno nel borgo di Castiglione d’Orcia: i maggiaioli percorrono le vie del paese sino al mattino del primo maggio. Le offerte in denaro che i cantori raccolgono durante la questua, effettuata nelle settimane successive, vengono utilizzate, in un secondo momento, per allestire un pranzo per i maggiaioli e i loro familiari ed una merenda aperta a tutta la popolazione.
Ecco maggio che ritorna
col profumo dei suoi fiori,
l’arcipresso si nasconde
ché non pol cambiar sua foglia,
ecco maggio che ritorna.
O capoccia del podere,
state allegro e non temete,
che il bestiame ce l’avete,
guadagnate nelle fiere,
o capoccia del podere.
Sotto questi ramuscelli
rinverdiscono le foglie;
l’usignolo il canto scioglie,
fa tenore agli altri augelli,
sotto questi ramoscelli.
Buona notte o vaga stella,
buona notte innamorata,
che da Dio sei rammentata
e mi sembri la più bella;
buona notte o vaga stella.