Parte l’era Jindal south west a Piombino. Il gruppo indiano è la nuova proprietà delle acciaierie ex Lucchini, dopo aver firmato l’atto notarile con il gruppo algerino Cevital (ormai ex proprietà) e subito dopo l’accordo di programma con le istituzioni per il rilancio dell’attività siderurgica in Toscana. Programma che prevede la ripresa dell’area a caldo con due forni elettrici, capaci di produrre in un anno due milioni di tonnellate di acciaio. «Una cosa mai vista e fatta a Piombino», dice il governatore Enrico Rossi, presente all’appuntamento.
Il progetto Un investimento complessivo da circa un miliardo e 50 milioni di euro (90 dei quali messi sul piatto da Regione e governo) per far ripartire il ciclo integrale delle acciaierie, accompagnato dall’impegno sul piano ambientale a demolire e riorganizzare lo stabilimento in modo da allontanare le produzioni dal centro cittadino e da un certo interesse verso il nuovo porto per cui Jindal. Sul piano occupazionale, invece, non ci sarà subito il reimpiego di tutti i 2.000 lavoratori ex Lucchini: si inizierà con 435 lavoratori ai laminatoi a settembre, cresceranno a 600, conteggiando anche gli impieghi per le demolizioni, fino a 1500 con l’allestimento degli impianti di produzione dell’acciaio. «Per questo chiediamo al governo la protezione sociale della cassa integrazione – dicono dalla Regione – L’accordo alla fine prevede il riassorbimento di tutti i lavoratori».
Le reazioni L’entusiasmo è marcato nelle varie dichiarazioni che si sono rincorse dal ministero dello Sviluppo Economico. «Quando si appongono simili firme, a volte, possono tremare le mani, ma la mente non vacilla ed il cuore è saldo e fiducioso. Avanti Piombino», scrive su Facebook il sindaco Massimo Giuliani. «Avevo preso impegno che a Piombino o si sarebbe tornati a colare acciaio o mi sarei dimesso – fa eco Rossi – Sono contento di quest’accordo per i lavoratori e per la Toscana». Soddisfazione la esprime anche Said Benikene, ceo del gruppo Cevital, perché «tutti gli sforzi che abbiamo fatto in questi mesi per risolvere una questione così importante e difficile sono stati coronati dal successo, con l’aiuto del Ministero e della Regione, e che gli impianti e i suoi lavoratori abbiano la possibilità di proseguire la loro attività». In effetti, sebbene il biennio algerino a Piombino non abbia portato i risultati sperati, i rapporti tra il gruppo di Issad Rebrab e le istituzioni italiane sono rimasti pacifici, senza contenziosi e con la possibilità di nuovi investimenti nel nostro Paese.