SANTA CROCE SULL’ARNO – “Non sulla nostra pelle”. Lo hanno ribadito ancora una volta a Santa Croce, in un presidio organizzato dall’associazione Libera contro le mafie, i tanti cittadini e associazioni che si sono dati appuntamento sabato scorso ai giardini pubblici sull’Arno.
Una manifestazione voluta per far sentire la propria voce sulla recente inchiesta coordinata dalla Dda di Firenze sulle presunte infiltrazioni mafiose in Toscana e lo smaltimento di rifiuti tossici delle concerie. Oltre al comitato No Keu, in piazza c’erano anche Legambiente, Arci, Anpi, Arci, Cgil, Liberi dai Fanghi, Orizzonte Comune, Le Fionde Onlus, Soldi Mozzi, Non una dimeno, Wwf e Acli. All’iniziativa di Santa Croce sull’Arno anche il nipote di Paolo Borsellino, Claudio Fiore: “la mafia va dove ci sono gli affari e si basa sul silenzio della gente. Ma la Toscana non è questo” ha detto.
Intanto anche l’associazione Libera è tornata ad analizzare quanto emerso con le indagini sottolineando in un documento stilato dal coordinamento pisano come “Se quanto avvenuto indica una crisi della democrazia e dei suoi elementi costitutivi e rappresentativi, tocca a chi ancora ne riconosce valore e significato impegnarsi in prima persona a sua tutela”.
“Le inchieste in corso nella zona del cuoio ci inducono grande preoccupazione – ha detto Don Bigalli referente regionale di Libera Toscana – Se è necessario attendere l’esito delle inchieste prima di definire colpevolezze e responsabilità, è pur sempre vero che quanto emerso indica una familiarità di taluni con affari criminali, attività aziendali di grande opacità e nocività per ambiente e lavoratori e dinamiche di corruzione politica e professionale che non ci devono lasciare indifferenti. Su questo abbiamo chiesto al coordinamento pisano di Libera di ricostruire storia, vicende e analisi di quanto accaduto, con elementi peraltro elaborati da tempo e già presentati alla cittadinanza”. “È urgente che i partiti politici si pronuncino, prendano la risoluzione di chiedere ai propri membri assoluta correttezza e fedeltà al patto implicito che si sottoscrive con il proprio elettorato e con le popolazioni che si andranno ad amministrare. Occorre un nuovo patto – questo esplicito – che diventi normativo per chi decide di fare vita politica”.
IL TESTO INTEGRALE DEL DOCUMENTO
“La cronaca giudiziaria delle ultime settimane ha aggiunto una ulteriore tessera al mosaico della presenza mafiosa nella nostra regione, con la notizia dell’inchiesta “Keu” condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze. Il quadro che in questi anni si è andato via via componendo, con il susseguirsi delle indagini Demetra nel 2016, Dangerous Trash nel 2017, Vello d’oro nel 2018, Blu mais nel 2020, evidenzia da un lato il problema enorme e ancora irrisolto della gestione corretta dei rifiuti speciali pericolosi, dall’altra la penetrazione delle organizzazioni criminali in quei settori industriali che della produzione di tali scarti di lavorazione sono tra i principali artefici. Con la sua vitalità economica, la Toscana si conferma territorio di attrazione per il reimpiego dei capitali illeciti. Gli annuali rapporti sulle ecomafie, che pongono la Toscana al 6° posto nazionale nella graduatoria del numero di reati contro l’ambiente, ci allertano già da molto tempo sulle criticità sistemiche di alcuni nostri comparti produttivi, che lungi dall’orientarsi realmente verso un processo di economia circolare, continuano a trovare economicamente più conveniente rivolgersi a gruppi mafiosi per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti speciali. Il tutto avallato da un susseguirsi di deroghe che va avanti da anni, fino al tentativo di declassificazione votato a maggio del 2020 dal Consiglio Regionale, con un emendamento ad una legge (poi impugnata per incostituzionalità dal Ministero dell’Ambiente presso la Corte costituzionale) che rappresenta il cuore del supposto coinvolgimento della politica nell’inchiesta attuale.
Giani propone di eliminare l’emendamento sui rifiuti delle concerie
Quest’ultima vicenda non ci consegna nulla di nuovo sul fronte dell’operato tipico dell’attore mafioso: gli interessi per il ciclo di gestione dei rifiuti e degli scarti industriali, la lavorazione e il riutilizzo degli inerti sono, per definizione, attività attrattive degli interessi di gruppi mafiosi. Stando alle ipotesi investigative, preoccupa la capacità invasiva e repentina delle mafie di colmare illecitamente, anche nella nostra regione, quei vuoti che si vengono a creare e che la sfera politica e istituzionale non risulterebbe in grado di comprendere; come preoccupa l’apparente disinvoltura con cui alcune imprese sembrerebbero disponibili ad accordarsi con interlocutori criminali alla confluenza di interessi reciproci.
La novità è invece rappresentata dal coinvolgimento degli attori politici. I territori e gli ambienti economici coinvolti rappresenterebbero, secondo quanto descritto dagli inquirenti, un contesto accogliente e favorevole agli interessi dell’attore mafioso. Tutti gli attori economici e sociali, e i partiti in primo luogo, sono chiamati a restituire un senso, un’etica, una prospettiva alla loro attività, in relazione non solo al contrasto alle mafie, ma anche – e forse prima ancora – alla tutela del bene comune.
E’ necessario ed urgente ridefinire il campo semantico della discussione politica, rimettendo al centro del dibattito pubblico tre parole-chiave fondamentali: trasparenza, integrità ed etica pubblica. Trasparenza, elemento fondamentale per il controllo di chi ha responsabilità pubbliche, affinché l’agire politico possa essere realmente rendicontabile e monitorato; etica e integrità sono gli altri due pilastri che devono tornare centrali nelle agende di ciascuna comunità, in primis dei partiti, ma anche del mondo delle imprese e delle professioni, a tutela del bene comune e degli interessi di tutti.
Il rapporto 2020 della Scuola Normale Superiore ci presenta una specificità toscana rispetto ad altre regioni italiane: il ruolo cruciale rivestito da diverse figure professionali negli episodi di criminalità economica, che è “fattore strutturale in molti settori dell’economia legale”. “L’elevata incidenza della criminalità economica in Toscana è ad oggi la principale vulnerabilità rispetto a possibili infiltrazioni mafiose.” (SNS). Quanto starebbe emergendo dall’inchiesta in corso pone il tema delle infiltrazioni della criminalità organizzata nella nostra regione in relazione a quattro ambiti tematici che toccano da vicino l’interesse pubblico: il traffico di sostanze stupefacenti, la contaminazione ambientale, l’infiltrazione di una parte seppur contenuta del mondo imprenditoriale e il tentativo di coinvolgimento della politica e della pubblica amministrazione.
Se i fatti venissero confermati, saremmo di fronte all’affermazione spregiudicata di interessi privati criminali che, in contrasto al pubblico interesse ed alla cura del bene comune, si sarebbero dimostrati disposti a calpestare senza ritegno beni essenziali della vita naturale e sociale, come la salute, la terra, l’acqua, le forme di rappresentanza e di partecipazione civile, politica e democratica.
La debolezza del sistema politico contestuale all’ingerenza di interessi particolari criminali deve destare molta preoccupazione. Non è sufficiente esprimere “piena fiducia nella magistratura e nel lavoro delle forze
dell’ordine, con la speranza che sia fatta chiarezza quanto prima”. Certo, la magistratura farà il suo corso, ma quella che si sta consumando è una crisi politica, istituzionale e culturale che coinvolge un’intera comunità. La politica sembra aver perso un forte riferimento etico, con delle strutture-partito ridotte sempre più a comitati elettorali privi di una forte e solida base popolare. Questa intrinseca debolezza la espone al rischio di trovarsi assoggettata a interessi economici di parte e alle trame oscure della sinergia tra
criminalità mafiosa e massoneria deviata. Che questa vicenda sia anche un’occasione per tornare a riflettere sul ruolo dei partiti e sul tema del loro finanziamento, che deve tornare ad essere pubblico e trasparente. Negli ultimi giorni sono molte le voci dei cittadini e dei lavoratori preoccupati per la gravità
di quanto appreso attraverso la stampa, timori spontanei e legittimi che non possono essere minimizzati e che attendono una risposta. Timori sul piano della salute, per lo sversamento di inquinanti nei corsi d’acqua, nei terreni o sotto le strade, con il rischio di un inquinamento irreversibile delle falde, che pone pesanti incognite sul futuro delle prossime generazioni. Timori per le possibili ricadute occupazionali derivanti da un danno di immagine (e non solo) del comparto produttivo dell’intero distretto del cuoio e della calzatura.
Da anni noi di Libera lavoriamo sul territorio facendo informazione, formazione e animazione sociale verso la cittadinanza e gli amministratori pubblici, volte alla conoscenza generalizzata dei meccanismi di infiltrazioni mafiose e dei fenomeni corruttivi. Avevamo sperato che la nostra costante ricerca di un dialogo con le istituzioni locali e con i loro rappresentanti avesse potuto portare un contributo efficace allo sviluppo ed al consolidamento di una maggiore consapevolezza, di una maggiore attenzione. Troviamo conferma, oggi ancor di più, che la conoscenza ed il perfezionamento dei meccanismi amministrativi non potranno mai bastare se non saranno stati impiantati nell’humus di una larghissima e diffusa convergenza nella cura del bene comune e nel recupero dell’etica pubblica.
Libera Pisa e Libera Toscana si appellano alle coscienze degli imprenditori, degli amministratori pubblici e di tutti i cittadini, perché si rilanci un dibattito vero e trasparente sull’etica pubblica e sulla cura del bene comune, a partire dai quali deve muoversi qualunque azione politico-amministrativa e qualunque proposta volta alla ricerca del consenso politico, nella consapevolezza che anche i soggetti economici ed imprenditoriali debbano contribuire in modo centrale allo sviluppo non solo produttivo e di crescita economica ma anche sociale ed etico della nostra amata regione”.